C’è un vuoto da colmare, e in fretta. Perché è un vuoto che sta provocando insoddisfazioni, sconcerto. Malumori, quasi rabbia. A rileggerlo adesso, si capisce bene perché e soprattutto a chi fosse indirizzato il violento sfogo di Umberto Marino nel post gara contro la Fiorentina. «Qualcuno deve spiegarci, allora il fallo di mano è soggettivo. Qui non si capisce più niente». Allo sconcerto del direttore generale dell’Atalanta sarebbe poi seguito l‘attacco di Gian Piero Gasperini (tirato in ballo da Rocco Commisso proprio nell’ultimo fine settimana, «troppe polemiche sugli arbitri, anche noi penalizzati a Genova, adesso però sarà contento perché lui ha vinto…») che ci sarebbe andato giù pesante. «Le parole di Marino? Gli episodi li deve commentare chi sa il regolamento, non si capisce più niente con tutte queste interpretazioni. Quando ce lo spiegano è tutto chiaro, poi in partita… con il Var si può rivedere e dare interpretazioni univoche, ma non è così e questo crea confusione in continuazione. In particolare sui falli di mano non ne parliamo, noi facciamo antologia sui rigori presi. Situazioni completamente diverse da quelle che vengono istruite durante la settimana». Quello che pubblicamente ha detto l’Atalanta lo pensano quasi tutti i club di serie A e qualcuno di serie B. L’indice è puntato su quel vuoto, il dente batte su una promessa non mantenuta, l’irritazione s’insinua nelle pieghe della contrapposizione-confusione (eufemismo) attualmente in atto tra i vertici Figc e Aia. Un dialogo assente che sta provocando invece reazioni a catena. Una condivisione saltata che ha sospeso provvedimenti e nomine. Urgenti e delicate. È un vuoto (non l’unico) che sta facendo parecchio rumore.
Perché manca il collegamento tra le società di serie A (e B) e gli arbitri, manca quella figura che lo scorso anno era stata ricoperta (ottimamente, il giudizio è quasi unanime) da Gianluca Rocchi, manca una figura che – parole di un qualificato dirigente di serie A – “abbia il tesoro sotto la lingua, che sappia con buonsenso parlare ai club, che sappia spiegare bene il senso delle decisioni arbitrali. Senza dialogo, è il caos”. Non c’è però certo bisogno di bandire una caccia al tesoro per capire cosa manchi, cosa sia successo, che cosa abbia provocato l’ennesimo corto circuito che attualmente coinvolge la Figc, l’Aia e la Lega Calcio. Manca un “ufficiale di collegamento”, manca una figura istituzionale che colleghi i club di A alla Can attraverso il necessario beneplacito della Figc. Una figura che possa essere autorizzata a parlare degli episodi, delle decisioni arbitrali con i dirigenti delle società professionistiche e che possa raccogliere da loro domande, istanze, interrogativi, interpretazioni, richieste, delucidazioni. Quel nome ancora non c’è. Pare che la Figc abbia messo su carta non solo l’identikit ma persino il nome: un ex arbitro che però non raccoglierebbe il pieno gradimento della Can e dell’Aia. Gravina ha avanzato la proposta, spetta a lui alla fine decidere. Sono già alle spalle quattro giornate di campionato, e dopo l’incontro pre-campionato tra un arbitro e ogni singolo club, tutto il processo si è bloccato. Sospeso. Ibernato. Ma non è che questo vuoto, questo caos, quest’attesa che monta, favorisca Gravina che si gioca con i club una carta importante, passando per il salvatore della patria, per il garante, per il risolutore?
Lo scorso anno la Figc istituzionalizzò con una lettera ai club la figura del “collante”, affidando il compito a Gianluca Rocchi. Già responsabile della Var e per questo pagato dalla federazione (le spese che coinvolgono il Var sono a carico della Lega e dunque dei club), Gravina raccolse l’indovinato suggerimento di Nicola Rizzoli, capo della Can A-B. “Non posso star dietro a telefonate e proteste, non è il mio ruolo, non sta bene e poi porterebbe via tempo prezioso. Il nome giusto sarebbe quello di…”. E così, dietro l’azzeccato suggerimento di Rizzoli, il presidente federale Gravina affidò il ruolo a Rocchi. A luglio però Rizzoli ha lasciato l’incarico di capo della Can, al suo posto la nuova Aia, quella del presidente Alfredo Trentalange, ha nominato Rocchi che dunque ha lasciato l’incarico Var e naturalmente anche quello di responsabile delle comunicazioni con i club. Rinnovate da capo a piedi a inizio luglio tutte le Commissioni dei designatori non senza pressioni e veleni – non è un mistero che il fiorentino Duccio Baglioni, attuale vice-presidente Aia, aspirasse al ruolo di “supervisore” dei designatori di tutte le categorie trovando però il categorico diniego di Gravina che a Trentalange avrebbe dato picche sulla proposta di nominare Messina come capo della Can A e B – è però rimasto un vuoto. Un vuoto che sta facendo rumore, che sta allargando il solco tra Figc e Aia, una linea che potrebbe essere efficacemente e definitivamente tirata solo con un’intesa tra Figc e Aia. Al momento, pare un’impresa.
Intanto il vuoto nella casella di responsabile Var Gianluca Rocchi l’ha riempito affidandosi alle riconosciute capacità di Alessandro Stagnoli, attuale vice responsabile istruttore del settore tecnico. Romagnolo ma poi spostatosi a Verona, è già stato alla Can prima con Collina e poi con Braschi. Non compare nell’attuale organico Can però ha ricevuto l’incarico da Rocchi: è lui che da settimane occupa una stanza della sala Var centralizzata a Lissone, è lui a sovraintendere il lavoro degli arbitri e degli assistenti Var, è lui a relazionare Rocchi delle prestazioni. Curiosità, a margine. Nelle prime due gare di A, valutata la possibilità che i collegamenti di segnale dagli stadi potessero avere problemi, sono stati designati – con tanto di spese aggiuntive – per ogni partita sia l’arbitro che l’assistente Var: due a Lissone e due sui campi di gioco. Un raddoppio mentre la pallina sulla casella dell’ufficiale di collegamento tra Can e club ancora non si è fermata. Perché Stagnoli opera su incarico della Can, non può ricoprire quello di ambasciatore con le società. La decisione spetta alla Figc che deve autorizzare, che deve decidere. Gravina pare abbia proposto il nome di un ex arbitro, una proposta registrata senza salti di gioia (pare invece accompagnata da sussulti) dall’Aia che pur sempre dipende dalla Figc e nemmeno apprezzatissima dai vertici Can, nominati pur sempre dal vertice Aia. Si arriverà a un’intesa? A una condivisione? Si arriverà alla nomina di un responsabile dei collegamenti, di una persona che “abbia il tesoro sotto la lingua”, di una figura che plachi l’irritazione e lo sconcerto delle società? Le ultime vicende – non ultima ma troppo roboante e assordante quella del reintegro nei quadri Aia di Paolo Bergamo che ha fatto infuriare Gravina – segnalerebbero tempi lunghi. Troppi veleni e qualche fantasma. Magari poi capita che si vedano figure e ombre che in realtà non ci sono. O che non dovrebbero esserci. Circola ad esempio la voce di un avvistamento a Roma, nell’edificio di via Campania 47. Lì dove su un piano ci sono gli uffici della Procura federale e delle Corti di Giustizia Figc, lì dove al piano superiore c’è la sede dell’Aia. Lì in quell’edificio dove qualcuno pare abbia scambiato qualche giorno fa la sagoma di Paolo Bergamo chissà con chi. Nello stesso giorno poi sarebbe stata intravista quella di Ghirelli (presidente Lega Pro) e quella dell’onnipresente Giancarlo Viglione, braccio destro (quello sinistro è del procuratore capo Giuseppe Chinè) di Gravina e coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia sportiva. La sua presenza dunque sarebbe comunque legittimata dal ruolo.
Intanto Gravina continua il suo tour post vittoria Europeo. Continua a battere le strade periferiche che pur sempre portano tutte al soglio di Roma. Oggi in programma prima la visita al Comitato Nazionale Dilettanti Puglia del presidente Vito Tisci (non senza un incontro col governatore Emiliano) e poi lo spostamento in Calabria. Pare avesse voluto spingersi giù fino in Sicilia ma lì la strada pare sia stata sbarrata dal rivale Cosimo Sibilia che però conta perdite rovinose in un esercito che sta assottigliandosi sempre più. Vicina, anzi raccontano vicinissima, pare sia la definitiva resa dei conti. Chissà se arriverà anche tra Figc e Aia, se ci sarà un chiarimento. Se si troverà la pace. Gravina minaccia di togliere il 2% elettorale agli arbitri ma intanto sul sito ufficiale della Figc si contano numerose negli ultimi tempi (in nemmeno un mese come dai comunicati ufficiali 55, 56, 57, 66, 67) le istanze di grazia concesse agli arbitri. E poi invece c’è chi sparge sale sulle ferite, e chi prova persino ad armare i cannoni. Così. “Buongiorno a tutti, ieri è stato pubblicato sul web un lungo e dettagliato articolo a firma “Michele Spiezia” dal titolo “Gravina e Trentalange è guerra. La Figc pronta a commissariare gli arbitri”. Si tratta evidentemente di notizie del tutto prive di fondamento, messe in circolazione da chi è intenzionato a destabilizzare e diffamare. Saranno prese tutte le iniziative opportune e, il 4 ottobre, in occasione di una conferenza stampa congiunta, saranno proprio Alfredo Trentalange e Gabriele Gravina a chiarire come la realtà dei fatti e la solidità dei rapporti tra Aia e Federazione siano completamente diverse. Noi continuiamo a lavorare insieme con determinazione per realizzare tutti gli obiettivi che ci siamo proposti e lasciamo agli altri le polemiche”. Così. Questo sarebbe il testo di un messaggio girato su una chat di Whatsapp. Sarebbe arrivato ai presidenti di sezione (non tutti, pare più quelli vicini alla nuova Assemblea generale) dell’Aia. Più che chiedersi se sia vero e magari nel caso chi lo abbia suggerito, chi l’abbia scritto e chi l’abbia pubblicato, verrebbe solo il desiderio di domandare: ma Gravina è a conoscenza di questo evento congiunto? E, soprattutto: cosa avverrà mai di santo e paradisiaco, proprio nel giorno di San Francesco?