Dziczek e un cuore ballerino. Eppure in Polonia si parla del suo rientro

Sei mesi fa il polacco accusò un malore in Ascoli-Salernitana. Come Eriksen ha rischiato la vita. In Italia nessuna idoneità agonistica. Il Legia si fa sotto
Dziczek
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È un’indiscrezione di mercato che arriva dalla Polonia, è una vicenda da maneggiare con cura, attenzione e senso di responsabilità, è una notizia che merita approfondimento: non è una semplice notizia di pallone. Non c’è in gioco il destino sportivo di un calciatore né di una squadra, non si discute del senso di una trattativa né sul buon esito di un’operazione di mercato: qui è in gioco ben altro, qui c’è in gioco il futuro di un ragazzo, c’è in gioco la vita di un ventitreenne.

Perché Patrick Dziczek potrebbe tornare a indossare divisa di gioco e a calzare scarpette bullonate, potrebbe tornare a giocare al calcio sei mesi dopo il malore accusato nel corso di Ascoli-Salernitana al minuto 86’, un minuto terribile e oscuro, un interminabile minuto nel quale la sua vita è stata appesa a un filo sottilissimo, il buio improvviso e poi la luce, l’interruttore riacceso dalla Divina Provvidenza e dal coraggioso e immediato intervento del capitano della Salernitana Di Tacchio e del bianconero Parigini che erano lì, a due passi da quel suo ruzzolone sul prato, privo di coscienza, sospeso e senza respiro, in bilico tra la vita e la morte. Scene drammatiche, come quelle viste e vissute mesi dopo in diretta tv all’Europeo con Eriksen. La prontezza dei due nel tirargli giù la lingua, il respiro che torna a riscaldare le speranze. Poi l’intervento dei medici sul prato, la corsa all’ospedale di Ascoli, gli esami approfonditi prima a Salerno e poi a Roma, il riposo assoluto, il divieto assoluto di avvicinarsi al prato e al pallone, l’impossibilità di tornare all’attività agonistica. Almeno in Italia. La cortina del rigoroso silenzio e dell’assoluta riservatezza ad avvolgere la vita del ragazzo se non ci fosse stato qualche post sui social per celebrare la promozione della Salernitana, il matrimonio con Patrycja, il viaggio di nozze in Messico, il rientro in patria, la visita negli uffici dell’agenzia che ne cura gli interessi professionali. Poi sei mesi dopo, all’improvviso, la notizia che lascia di stucco, l’indiscrezione che allerta.

Sarebbe pronto il suo ritorno in patria, segnalato come imminente il suo rientro nel campionato polacco: per il centrocampista dell’under 21 nazionale sarebbe addirittura vicino il tesseramento del Legia Varsavia, prestigioso club appena eliminato nel turno preliminare di Champions League. L’indiscrezione è stata pubblicata da Legia.net e poi rilanciata da altri siti sportivi on-line polacchi tra cui Transfery.info, oggi pubblicata da alcuni quotidiani nazionali e infine addirittura ripresa da siti calcistici internazionali: Patrick Dziczek tornerebbe così all’attività agonistica, firmando il contratto con il Legia che da tempo sta seguendo i suoi sviluppi italiani, assecondando così il desiderio di Czesław Michniewicz, proprio il tecnico della squadra che ha lanciato il centrocampista nell’under 21 che in questi sei mesi si è sottoposto ad una serie di esami anche in patria, per cercare di ottenere l’idoneità agonistica. Possibile? Potrebbe farlo senza rischiare conseguenze serie, devastanti, tragiche? Potrebbe ottenere l’idoneità sportiva? Potrebbe riprendere l’attività senza rischiare conseguenze? È consapevole del rischio? È stato messo al corrente, in patria?

Domande che restano in sospeso, ancorate per ora ad una indiscrezione che però merita molta attenzione e ribalta: in gioco c’è la vita di un 23enne. Il calciatore è attualmente tesserato con la Lazio, fu acquistato due anni fa dal Piast Gliwice per due milioni e mezzo di euro e poi girato in prestito alla Salernitana: 36 presenze e un gol in granata prima di Ascoli-Salernitana, prima di quel malore improvviso e oscuro. Il 20 febbraio al Del Duca come era già successo quattro mesi prima, in allenamento al campo Volpe a Salerno, mentre la truppa di Castori si preparava ad una sfida di campionato: anche allora il malore improvviso, il vuoto, lo spavento, il ricovero nel reparto di cardiologia dell’ospedale salernitano, gli esami approfonditi. E poi, dopo, l’obbligo di riottenere l’idoneità agonistica, passaggio curato dalla Lazio che ne detiene ancora il cartellino. Il percorso riabilitativo, il rientro in campo.

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Fino al 20 febbraio. Poi, dopo il buio e il terrore di Ascoli, una coltre di silenzio e di rispetto, la privacy a coprire una diagnosi senza appello dopo una serie di esami approfonditi, specialisti in campo per evitare qualsiasi problema, per scongiurare qualsiasi pericolo, per escludere mille ipotesi, per arrivare al dunque: nessun attacco epilettico e nulla di simile, la patologia di cui soffre Dziczeck non è di natura neurologica. È una patologia cardiaca seria, serissima: il giovane cuore del centrocampista polacco soffrirebbe di una malattia cardiaca seria, incompatibile con qualsiasi attività fisica. Il giovane cuore di Patrick non può sopportare il peso di un affaticamento normale, figurarsi uno agonistico. Questo hanno almeno stabilito gli accurati esami diagnostici e specialistici in Italia. Impossibile, almeno in Italia, riottenere l’idoneità agonistica: Dziczeck rischierebbe la tragica fine di Piermario Morosini se tornasse in campo, nessun medico si accollerebbe questa responsabilità, nessuna istituzione medica-sportiva, nessuna società. Nessuno. Il giocatore ha però ancora due anni di contratto con la Lazio, e dalla Lazio – così filtra dall’indiscrezione del sito sportivo polacco – potrebbe ottenere la rescissione del contratto per poi valutare la proposta del Legia Varsavia, dopo quella rispedita al mittente del Lech Poznan.

Sempre secondo Legia.net il calciatore si sarebbe sottoposto a esami in patria che avrebbero dato risposte diverse: in caso di svincolo, la società lo sottoporrebbe a un’altra serie di esami per ottenere l’idoneità agonistica, idoneità che purtroppo non segue sempre gli stessi parametri di altre nazioni. Il giorno dopo il malore ad Ascoli sulla vicenda intervenne Slawomir Zdonek, ex medico sociale del Piast Gliwice, la squadra di Dziczek prima dell’arrivo in Italia. Così sul portale polacco Interia. «Patryk ha sempre superato i test medici senza difficoltà. Credo che questa situazione sorprenda anche i colleghi italiani. Aspettiamo gli esiti delle indagini, potrebbe trattarsi anche di un sovraccarico, visto che il giocatore è entrato in un regime di allenamento completamente diverso e sicuramente più intenso». Così, prima di raccontare un precedente episodio che aveva visto protagonista un altro giocatore polacco. «Anche in quel caso c’erano stati ripetuti e insoliti svenimenti. Dopo un accurato percorso diagnostico si scoprì che l’atleta aveva problemi cardiaci. Fu portato in un noto centro per un piccolo intervento chirurgico. Come Patryk, aveva meno di 25 anni. Dopo l’intervento, è tornato a giocare senza problemi». Chissà se a Dziczek sia stato paventato questo percorso, chissà se gli esami in Polonia hanno detto ciò che i tanti esami diagnostici in Italia hanno invece stabilito come una sentenza: nessuna attività agonistica, in ballo c’è la vita di un ragazzo di ventitrè anni. Al momento è un’indiscrezione, una voce che arriva dalla Polonia. Merita però la massima attenzione. Prima che la vicenda assuma contorni tragici. Irreparabili. No, non si può rischiare per un pallone.

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