A sorpresa, spiazzando tutti ma proprio tutti, alle ore 18.27 del 9 giugno 2022 un comunicato ufficiale della Salernitana rendeva nota la scelta di affidare l’incarico di direttore sportivo a Morgan De Sanctis. “La scelta s’inserisce in un progetto più ampio all’insegna dell’innovazione e a un nuovo modo dinamico e trasversale di intendere il mondo del calcio”. Questo il pensiero della società affidato alla penna della responsabile della comunicazione Mara Andria, un pensiero che così metteva un punto a una girandola di nomi, piste e illazioni.
Un frullato di salti in avanti e repentine mescolature. Un valzer che a leggere quotidiani, blog e siti on-line soltanto nelle ultime ventiquattro ore aveva visto passare Riccardo Bigon dalla firma ormai già messa a quella saltata sino a rimbalzare addirittura di nuovo in agenda, aveva nel contempo registrato di nuovo le voci di un’ascesa di Gianluca Petrachi, l’inserimento di Sean Sogliano, la sponsorizzazione di Massimiliano Mirabelli e via discorrendo nell’elenco così, così tra auto-candidature e richiesta di consigli a chi nell’Aiacs (Associazione italiana agenti calcio e società, sbrigativamente detta Assoagenti) ricopre incarichi apicali. Sempre meglio ascoltare quale vento spira dal mercato: del resto era stata proprio la Salernitana a rendere noto, come specchiandosi, di “aver ricevuto i complimenti di tanti procuratori” dopo la rottura con Walter Sabatini. Secondo Danilo Iervolino, tutto a causa delle alte commissioni da pagare agli agenti. «Sono una stortura, io sono per un altro calcio. Tanti agenti in questi giorni mi hanno dato ragione»: così nell’intervista a “La Gazzetta dello Sport” del 6 giugno. Qualche giorno dopo dalle colonne de “Il Corriere dello Sport” Adriano Galliani avrebbe invece rivelato un consiglio girato a Iervolino nell’assemblea di Lega A, a proposito di soldi che sarebbero da spendere e non investire nel calcio. «Gli ho ricordato che il calcio è un’azienda che non distribuisce dividendi ogni anno. Solo se si fanno le cose benone garantisce profitti, ma soltanto al momento della cessione». Le cose fatte bene e i profitti: chissà a cosa pensava Galliani, chissà a cosa si riferiva. Magari a uno di quegli sciroppi dietetici, disgustosi da ingoiare eppure necessari se belli almeno si vuole apparire.
Un frullato ingoiato per sette giorni, tanti sono passati dal divorzio con Walter Sabatini, un divorzio già scritto da marzo. «Leggo interviste di dirigenti della Salernitana (nota a margine: il destinatario in realtà non è un tesserato) che ipotizzano la tipologia dei giocatori che arriveranno l’anno prossimo. Evidentemente la società sta facendo ipotesi e io ne prendo atto, quello che devo fare è stare vicino alla squadra e ai calciatori. Io sono convinto che faremo un grande finale e regaleremo una gioia alla città»: così Sabatini i primi di aprile in tv mentre la Salernitana era sempre più ultima e per tanti spacciata. Spifferi impetuosi sui quali nei mesi avrebbe soffiato la corte d’avvocati e consiglieri del patron: mica c’è solo Francesco Fimmanò che ad esempio ha trovato per il figlio un posto nel settore giovanile del club mentre Sabatini pensava a un responsabile del settore di valore ed esperienza, nell’agenda pare ci fosse anche De Sanctis e invece la scelta della società è stata poi quella di confermare La Rocca (al tempo scelto da Fabiani) come coordinatore. Ad esempio tra i tanti c’è anche Giovanni Lombardi che nel 2016 aveva rilevato il quotidiano “La Città” dal gruppo Gedi, l’ex patron di Casertana, Scafatese e Cavese s’attribuisce certificate competenze calcistiche e non per nulla sarebbe poi stato il quotidiano “La Città” ad anticipare la rottura tra proprietà e ds, la Salernitana per lui è sempre stata un pallino, la sua presenza evidente sin da gennaio (leggi qui). Una corte spiazzata e stoppata dalla personalità e dai modi di Sabatini, «sto facendo una figuraccia con Djuric, avevo dato mandato di firmare il rinnovo ma…», mentre il 66enne dirigente umbro era preso a cimentarsi nell’impresa di tenere sulle corde staff e gruppo, l’ombrello protettivo per ripararsi dalla tempesta e poi la spada con la quale spezzare un destino che pareva segnato. Sfiancato da continue ingerenze, aveva manifestato l’intenzione di andar via, poi la salvezza conquistata, il pensiero cambiato: “io resto e vado avanti con il mio calcio, le mie idee”. L’unico dirigente di calcio di una Salernitana che a quaranta giorni dalla fine del campionato era ultima, a nove punti dalla salvezza: stanco di invasioni e sottolineature, nella testa il pensiero di abbandonare a fine stagione, tanto più se la Salernitana fosse retrocessa: però con tutte le sue forze, con tutto il suo carisma, con tutta la sua esperienza, s’era tuffato anima e corpo in quella rincorsa sfiancante ma alla fine vincente. In quei quaranta giorni la Salernitana aveva cominciato a guardarsi altrove, a pensare a un nuovo modo di operare le scelte tecniche: s’aspettava però a salvezza raggiunta che Sabatini lasciasse, e invece Sabatini all’indomani della sfida con l’Udinese avrebbe manifestato il desiderio e la voglia di continuare. A modo suo. «Cavani? Non è giocatore compatibile coi conti del club. Iervolino è giovane e ambizioso. Attenzione, però, perché il calcio intossica. I risultati cambiano le idee e spostano i pensieri. Se Iervolino sarà freddo e lungimirante, se non si farà prendere da tutto ciò, lui e la Salernitana avranno un grande futuro». L’ultimo pensiero pronunciato il 22 maggio: consumato e stravolto quand’era negli spogliatoi mentre sul prato dell’Arechi andava in scena una sfilata tra protagonisti e comparse. Dieci giorni, poi.
Il 2 giugno, invece. Nel giorno della sentenza Heard-Depp sarebbe arrivata la separazione tra Walter Sabatini e Danilo Iervolino. Sotto la luce dei riflettori di stampa e tv mondiali il litigio tra le star di Hollywood, ex coniugi che non si sono risparmiati accuse reciproche di violenze, intimidazioni, diffamazioni. In una selva oscura e melmosa, in un chiacchiericcio d’illazioni e ricostruzioni necessarie come l’esca che si mette all’amo, in un indecoroso fiume di audio anonimi (per dare un senso della deriva raccapricciante, ne girano da ieri anche di una converazione tra un anonimo e De Sanctis), in un indegno rincorrersi di motivazioni servite sottobanco come fa chi, armando e commissionando una bomba di nascosto, ha voglia di chiudere i conti senza lasciar impronte: è così che la bella favola Salernitana – fede e forza feroci e incrollabili per conquistare un obiettivo impossibile – costruita in cinque mesi si sarebbe macchiata di fango nel giro di pochi minuti. «Cose che succedono nel calcio», avrebbe detto di getto Sabatini, impegnato a Milano. Di ritorno a Roma dopo poche ore, invece: «I motivi? Chiedete alla corte dei consiglieri di Iervolino». Mentre viaggiava in treno, viaggiavano già voci e veleni. Il silenzio. Poche ore, prima che tutto precipitasse, prima che tutto diventasse sentenza.
Niente futuro. Poco stile, tanti nervi e soprattutto stracci. «Iervolino mi ha dato del bugiardo, lo porto in tribunale, tanto lui ha una schiera di avvocati che lo difendono, la sua è stata una caduta di stile, di stile ce n’è veramente poco lì…». «Sabatini è ridicolo, non voleva farmi comprare Cavani. Ma sono io il proprietario della Salernitana, mica lui che non sa mandare nemmeno una mail»: così Iervolino sempre a mezzo stampa. «Sabatini è stata una scelta azzeccata e per sua natura anche anagrafica una scelta non da lunga durata, i più grandi complimenti sono arrivati dal mondo dei procuratori»: così invece il professore-avvocato Fimmanò. Il mondo dei procuratori l’avvocato-professore Fimmanò li conosce bene, li frequenta, in una tv napoletana ad esempio ogni settimana dà vita a un siparietto con Enrico Fedele, ex procuratore (padre di Gaetano che fa il procuratore) e persino ex ds della Salernitana. Anche l’avvocato-professore vanta un’esperienza precedente col colore granata: Aniello Aliberti nel 2006 lo scelse nella causa intentata alla Figc, solo che l’avvocato-professore dopo un po’ saltò dall’altra parte, entrando nel mondo della giustizia sportiva Figc e abbandonando così il giudizio. Lombardi e Fimmanò, tra i più pressanti su Iervolino all’epoca del trust, come mediani in pressing da settembre 2021 a soffiare sull’ex proprietario di Pegaso affinché rilevasse le quote del trust Salernitana sotto la benedizione federale di Gabriele Gravina, pronti a entrare sulla scena al momento giusto per l’acquisto delle quote (leggi qui). Tutto passa, tutto si dimentica. Tutto cambia in un secondo: per dire Iervolino che si schiera apertamente dalla parte di Gravina per la scelta del nuovo presidente di Lega (Bonomi) e che poi vota per il candidato (poi eletto, Casini) di De Laurentiis e Lotito. Tutto nel tritacarne, come si usa nel mondo del pallone. Che resta imprigionato da catene e regole, che resta pur sempre fatto di porte girevoli: c’è chi entra, chi resta e chi esce, ma in fondo ad azionare il pulsante sono sempre gli stessi.
Era ad esempio l’estate del 2013, Sabatini era il direttore sportivo della Roma a stelle e strisce di James Pallotta: fu proprio lui a prendere De Sanctis che aveva chiuso il rapporto con il Napoli dopo quattro stagioni. A portarlo al Napoli era stato invece Pierpaolo Marino, e fu anche per De Sanctis che si ruppe il feeling tra il dirigente irpino e Aurelio De Laurentiis. Era il 2009, era un giorno a Milano. “Ma che razza di portiere mi hai preso?”. Radio spogliatoio racconta che allo stadio Meazza nell’intervallo di un Inter-Napoli, il patron azzurro fosse sceso furente negli spogliatoi chiedendo a gran voce all’allora tecnico Donadoni di sostituire immediatamente De Sanctis con Iezzo, attribuendo al portiere abruzzese le colpe di un tracollo preso in appena 45’. Marino se andò velenoso, De Laurentiis affidò l’incarico a Riccardo Bigon mentre Morgan De Sanctis rimase al Napoli per quattro anni dimostrando bravura, classe e personalità prima dell’addio. Prima di dire sì alla Roma e a Sabatini che nell’estate del 2013 gli affidò le porte della squadra giallorossa. Tre anni. Poi tutti e due sarebbero andati via. Lontani.
Era l’ottobre del 2016 quando Walter Sabatini aprì la porta, uscendosene una volta e per sempre dalla Roma. L’addio sofferto e spiegato così, alla sua maniera. Parole di sei anni fa che ronzano, oggi come allora. «Alla Roma c’erano almeno tre centri di pensiero. A quel punto non potevo accettare pensieri che si liberavano nell’aria. Baldini? Come persona fisica era un investimento ma nel ruolo che gli aveva ritagliato Pallotta non andava bene. Non esiste parlare con un presidente che aveva un suggeritore. Non esiste in nessuna azienda. Il ruolo di Baldini era nefasto e Franco lo sapeva. Io non sono un acchiappa-fantasmi, sono un uomo di calcio». Tempo due anni e anche il consulente Franco Baldini avrebbe lasciato gli americani e il club giallorosso, “colpa” si disse di un passaggio nell’autobiografia di Francesco Totti – molto legato a Morgan De Sanctis così come forte è il legame con De Rossi che lo volle come team manager – nel quale l’ex capitano giallorosso dava sostanzialmente la colpa del suo ritiro al dirigente ed ex potente procuratore toscano. De Sanctis era già lontano: dopo tre stagioni alla Roma anche lui nell’estate del 2016 se n’era andato. Aveva firmato coi francesi del Monaco. Una stagione appena. Poi, terminata la carriera di giocatore, il portiere che nel 2007 si era separato dall’Udinese portando il caso alla Fifa, chiedendo e ottenendo la rescissione del contratto, non avrebbe abbandonato il pallone. Prima come team manager della Roma, e in quello stesso tempo allievo a Coverciano nel corso allenatori Uefa Pro e contemporaneamente sempre dal centro federale di Coverciano nel 2018 sarebbe arrivata l’abilitazione a direttore sportivo. Un diploma ottenuto con la lode: fu il migliore di quel corso. Il secondo (110/110) fu Vincenzo Vergine, responsabile del settore giovanile della Fiorentina che poi ritornerà nel destino di De Sanctis, il suo nome e il suo ruolo azioneranno un’altra porta girevole nell’estate del 2021.
Tornando un paio di anni indietro: dopo il diploma di Coverciano iniziò l’inserimento graduale di Morgan De Sanctis come dirigente nei quadri del club capitolino. Nel settore giovanile sino a diventare – circostanze fortuite, un po’ come quelle che da 17enne gli avevano consentito di esordire in serie B col Pescara perché i due portieri anziani quel giorno, quei portieri erano Cusin e Spagnulo, s’erano infortunati e quel giorno parò un rigore a Christian Vieri – direttore sportivo della prima squadra. Tutta colpa di un sms al vetriolo spedito dal diesse in carica Gianluca Petrachi al presidente Pallotta che in un’intervista al sito ufficiale del club s’era complimentato col tecnico Fonseca, con l’amministratore delegato Fienga e col dirigente Zubiria. Non una parola per Petrachi, col quale i rapporti erano tesi da tempo. La reazione furente del ds salentino avrebbe portato alla sospensione dall’incarico (poi ne sarebbe nato un contenzioso legale), incarico affidato a Fienga in collaborazione con Morgan De Sanctis.
Una tempesta nata a metà di giugno 2020. Due anni fa. Era esattamente il 18 giugno 2020. Quel giorno Morgan De Sanctis ebbe il suo primo incontro di lavoro da diesse (in pectore). Con chi? Con il procuratore Alessandro Moggi, il figlio di Luciano Moggi (qualche anno fa ospite d’eccezione all’inaugurazione di una sede della Pegaso a Giffoni Vall Piana, allo stesso tavolo c’era il patron Iervolino) e cioè il dirigente che nel 1997 l’aveva portato ventenne alla Juventus (terzo portiere, avanti a lui c’era Rampulla che ora è nello staff della Salernitana) staccando al Pescara un assegno di 1,5 miliardi di lire. Così “La Gazzetta dello Sport raccontò quel giorno e quell’incontro. “Morgan De Sanctis, dopo la sospensione di Petrachi dal suo incarico da parte della Roma, è già al lavoro per programmare la prossima sessione di mercato. Il dirigente giallorosso s’è incontrato con l’agente Alessandro Moggi per un summit di mercato. In passato il papà di Alessandro Moggi fu un nemico storico di Franco Baldini”. Baldini era però lontano, a Roma i tifosi non presero bene quell’incontro ma poi tutto si placò perché la nuova proprietà (agosto 2020) targata Friedkin avrebbe assunto il portoghese Tiago Pinto come direttore generale, De Sanctis sarebbe rimasto lì, a stretto contatto col dg e con l’occhio vigile e diretto sul settore giovanile. Qualche mese, poi un maledetto incidente stradale all’inizio del 2021, l’automobile ribaltata, il ricovero in ospedale per emorragia all’addome, l’asportazione della milza, le fratture multiple alle costole, la terapia intensiva, la riabilitazione. Il ritorno alla normalità, il ritorno a Trigoria tre settimane dopo, l’occhio al settore giovanile e ai giocatori in prestito, uno al mercato estero e un altro come termometro interno a rapportarsi col dg portoghese che intanto prendeva appunti e intanto disegnava la nuova Roma. Mourinho in tarda primavera sarebbe sbarcato nella capitale, e nella capitale a giugno sarebbe arrivato anche Vincenzo Vergine, l’ex compagno di corso a Coverciano, secondo nel punteggio perché il primo al corso del 2018 era stato De Sanctis: dal settore giovanile della Fiorentina, Vergine entrava nella nuova Roma. Per De Sanctis un ruolo sempre più marginale all’interno della direzione sportiva della prima squadra e di quella nel settore giovanile: Vergine, Lo Schiavo e Conti gli uomini di riferimento di Pinto. Un ciclo stava finendo, un altro stava iniziando. E così mentre i ragazzi del vivaio – Volpato, Bove, Felix, Zalewski – cominciavano ad entrare in pianta stabile nell’organico di prima squadra, così mentre De Rossi senior si avviava alla sua ultima stagione da tecnico della Primavera, De Sanctis metteva fine anche a quei cinque anni da dirigente giallorosso. Amareggiato (era stato lui a scegliere di mettere un tetto agli ingaggi dei babies) dalle scelte ma pur sempre fiero. «Era il momento di andarsene ma la Roma resterà sempre nel mio cuore». Poche parole, come quelle di congedo usate da Pinto. «Desidero ringraziare Morgan per il prezioso contributo dato al club e gli auguro le migliori fortune». La fine del rapporto è datata fine febbraio.
Quattro mesi fa. Quattro mesi nei quali De Sanctis ha riallacciato contatti, ha aspettato un’offerta, una proposta: sembrava potesse nascere feeling col Bologna ma nulla, restava un’ipotesi balenata dall’amico Frederic Massara al Milan. Niente da fare, almeno in Italia. Da Ascoli e Ternana qualche contatto indiretto, ma nulla di concreto. Deluso e amareggiato, su piazza. Poi ecco gli ultimi impetuosi, inaspettati sette giorni d’inizio giugno. Come una pagina di un romanzo, a inizio della settimana compare una pista proprio nei giorni in cui il divorzio tra Salernitana e Sabatini sta riempiendo le pagine di stracci: De Sanctis vola in Grecia per ascoltare la proposta dell’Olympiacos, lì dove gioca il suo ex compagno Manolas. In corsa per la carica di direttore generale del club greco che potrebbe partecipare alla prossima Champions League. Biglietto d’andata ma anche di ritorno immediato, però perché la pista greca sfuma e perchè pare che il compagno Manolas non abbia fatto proprio l’amico, una pista si dissolve mentre un’altra appare, anche questa a sorpresa come accade di solito in un romanzo: l’Olympiacos pensa (penserebbe, pensava) a Walter Sabatini per affidargli la responsabilità dell’area tecnica. Restava vacante intanto quella della Salernitana, intanto presa da urgenze di mercato tra riscatti e obiettivi allacciati da Sabatini (per informazioni ad esempio chiedere al Pisa sulla vicenda Lucca), nel pieno della pianificazione strategica di una stagione ormai alle porte e nella definizione degli obiettivi, nel mirino di una parte della tifoseria spiazzata dall’addio a Sabatini, assalita da quel sottobosco calcistico fatto non solo da procuratori, consiglieri, mediatori, dirigenti e ds a caccia di posti, soldi, visibilità e affari.
“Un nuovo modo dinamico e trasversale di intendere il calcio”: così, dopo la divergenza di vedute con Bigon, la Salernitana ha aperto ieri pomeriggio le porte a Morgan De Sanctis, sorpreso e onorato della chiamata alle armi. Trecentomila euro d’ingaggio, contratto triennale, l’ultima parola alla Salernitana che si riserva la facoltà di recesso al termine di ogni stagione mentre a De Sanctis toccherà suggerire possibili ingaggi di calciatori e talenti. Magari gli toccherà rovistare anche nell’armadietto di casa: un paio di guantoni potrebbero sempre servire per parare e respingere. Magari qualche volta gli toccherà anche tapparsi le orecchie, come quando tra i pali s’isolava per concentrarsi, per difendersi dalle bordate avversarie e da qualche fischio interno. Come sempre, sarà il campo a giudicare, a produrre il risultato. Da portiere è stato un numero uno, la Salernitana di Iervolino si augura lo sia pure dietro la scrivania del pallone granata proiettato nel futuro e nella storia. “La più bella storia del calcio italiano”: così, a corredo di una foto di famiglia sotto lo sfondo della Sud, questa frase compariva (e compare) sul profilo ufficiale fb della Salernitana otto minuti prima della sfida senza domani contro l’Udinese. Otto minuti prima.