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Sindacato calciatori, festa tra ombre e silenzi: i milioni Panini soffiati dalla serie A e il gelo su Del Piero. È l’Aic di Calcagno e Grazioli

Stasera c'è il Gran Galà del calcio: il sindacato dei calciatori e un peso sempre più sbiadito. La Lega A ha chiuso l'accordo con la storica licenziataria per l'album incassando 16 milioni l'anno, l'AIC rimasta all'asciutto e dopo decenni fuori dagli accordi. L'imbarazzante atteggiamento sull'ipotesi Del Piero candidato Figc e i rapporti con Gravina
Umberto Calcagno tra Albertini e Federica Masolin

Non una frase, non una parola, non un gesto. Niente. Un silenzio assordante, un silenzio così forte e stridulo da far rumore, così inspiegabile da alimentare domande, sospetti, illazioni. Possibile che proprio l’Aic, il sindacato calciatori che è componente federale con una significativa quota (il 20%, grazie alla Legge Melandri, alla modifica della legge pare stia lavorando il ministro Abodi e chissà che le quote federali di Aic e Aiac non ne ricevano una decurtazione), non abbia detto una parola sull’ipotesi-suggestione che l’ex campione del mondo e bandiera della Juventus Alessandro Del Piero potesse essere il candidato alla presidenza Figc? Possibile che il presidente dell’Aic Umberto Calcagno non abbia trovato il tempo né il modo per esprimere almeno un pensiero, un’opinione, un concetto, sull’ipotesi che un calciatore (per giunta ha anche tesserino da allenatore) e una personalità così prestigiosa (e specchiata) potesse irrompere in una campagna elettorale che pare invece già apparecchiata per la rielezione blindata dell’uscente Gabriele Gravina?

Niente, da oltre una settimana Calcagno e il suo sindacato se ne stanno in trincea, mantengono il rigoroso silenzio mentre l’ipotesi Del Piero è rimasta (e magari rimane) sospesa, volteggiando a mezz’aria nell’aria sempre più rarefatta e viziosa del calcio e dei palazzi del potere pallonaro italiano. Magari chissà, l’ipotesi volteggerà a mezz’aria anche stasera e correrà rincorrendosi tra i festanti tavoli degli astanti: istituzioni, dirigenti e calciatori del pallone tricolore sono tutti convocati nei saloni del “Superstudio Maxi” a Milano lì dove si celebrerà l’annuale edizione del “Gran Galà del Calcio Aic”, l’appuntamento organizzato dall’Associazione Italiana Calciatori in collaborazione con l’agenzia di sport marketing ed eventi DA di Demetrio Albertini, ex bandiera del Milan, ex componente del consiglio direttivo Aic e dal 2019 presidente del settore tecnico Figc (su come si sia evoluto questo Galà e cosa sia successo in passato, si consiglia lettura specifica, leggi qui). Anche Albertini non ha (finora) commentato l’ipotesi-Del Piero, così come il suo compagno di sindacato e organizzatore d’eventi, Calcagno e così come il direttore generale del sindacato Aic, Gianni Grazioli. Chissà, magari tra una portata e l’altra preparata dallo stellato chef Oldani, tra una performance di Baby K e Fred De Palma e una premiazione, ci sarà tempo e modo per rivolgere ai presenti, e anche al presidente Calcagno, una semplicissima domanda: cosa ne pensate della candidatura di Del Piero? In fondo è la notte dedicata ai calciatori.

In fondo e per giunta la serata andrà in diretta tv su Sky Sport, e a condurla ci sono poi Fabio Caressa e Federica Masolin; proprio rispondendo a una domanda della giornalista e conduttrice di Sky, nemmeno una settimana fa e in diretta tv, Del Piero diceva, sospirando… «…e poi ci vorrebbe qualcuno che mi presenti, che mi candidi, non posso mica farlo io…». Magari da brava giornalista qual è la Masolin potrebbe approfittarne per rivolgere a Calcagno la stessa domanda rivolta a Del Piero: che ne pensa di una possibile candidatura? I puntini sospensivi in coda alla risposta dell’ex juventino sono rimasti, di certo non riempiti (magari perchè indigesti) dai massimi rappresentanti del sindacato calciatori, negli anni sempre più trasformatosi in organismo ben radicato nel Palazzo federale: Umberto Calcagno è da anni vice-presidente federale (per giunta, dopo la defenestrazione Ghirelli, Gravina l’ha voluto come vicario) e Gianni Grazioli (dal 2011 direttore generale di Aic e da anni in Aic servizi) da anni è nel “Club Italia” (struttura diretta e presieduta da Gravina); da anni l’Aic è sempre più la spalla (e la stampella) della politica federale guidata da Gravina e pare sempre più aver perso la sua natura e la sua forza di sindacato a difesa dei diritti dei calciatori (che pure versano le quote associative e che figurano, ma con quale forza e quale potere non si sa, nel consiglio direttivo).

«È clamoroso il silenzio dell’Aic, trovo sconcertante che una componente del consiglio federale non presenti e dia sostegno alla candidatura di Del Piero», ha detto qualche giorno fa l’ex campione del mondo Beppe Dossena che cinque anni fa aveva provato a scalzare (candidandosi) Calcagno dalla presidenza del sindacato. La sua voce, come quella di tanti autorevoli ex calciatori (di quelli in attività, nemmeno l’ombra…), è rimasta a mezz’aria. Bergomi, Zoff, Totti, Causio (solo per citarne alcuni): tutti ex campioni del mondo schieratisi a sostegno della candidatura di Del Piero, ex calciatori e personalità di spessore, dal passato importante. Certo, a guardare il curriculum calcistico, senza paragoni con quello dell’attuale presidente del sindacato che nel suo ha infilato la vittoria dello scudetto con la Samp nel ’91 eppure in quell’annata fu semplice comparsa mentre poi la sua carriera si sarebbe dipanata sui terreni del calcio minore, lì dove i diritti dei tesserati avrebbero bisogno di forza e sostegno e che spesso (tra le tante vicende, ci viene da ricordare quella del caso Catania di tre anni fa) non hanno trovato un sindacato particolarmente pronto e battagliero. Mai disperare, però: magari stasera l’avvocato Umberto Calcagno e/o il direttore generale (e giornalista) Grazioli troveranno il tempo per dire qualcosa, magar sul palco ci sarà qualcuno a domandarglielo, magari l’ipotesi terrà banco tra i tavoli occupati dai “signori del calcio italiano”, tutti invitati (ci sarà pure Del Piero?) al “Gran Galà Aic” tra lustrini, piatti stellati, musica in sottofondo e premi da ritirare, rompendo così un silenzio assordante, rumoroso, ingombrante.

Possibile che, davanti a un’operazione magari “benedetta” anche da una parte del mondo istituzionale e politico, e davanti a significative aperture di alcune parti tra le variegate componenti (Lega A, Lega B, Lega Pro e persino Aiac) proprio l’Aic non abbia detto una parola su un possibile ex calciatore come presidente Figc e abbia invece scelto di chiudersi nel silenzio?

Nel silenzio, in realtà, è avvolta un’altra (delicata) vicenda, una vicenda che direttamente coinvolge investe e preoccupa il sindacato calciatori (Aic), la sua società partecipata che in fondo è la cassaforte del sindacato (Aic servizi), la Lega serie A e, de relato, i rapporti con la federazione presieduta da Gravina, una vicenda nella quale magari il vice-presidente federale vicario Umberto Calcagno, il direttore generale Grazioli e altri componenti la governance del sindacato (ma poi AIC è ancora un sindacato e rappresenta tutti i calciatori che militano in Italia?) stanno giocando un’altra partita, questa sì significativa e delicata perché coinvolge direttamente le “casse” del sindacato. E che, magari, forse, non è a conoscenza dei suoi iscritti, cioè i calciatori. È un silenzio che andrebbe rotto: sono passati otto mesi e invece niente, anche qui l’Aic non ha ancora trovato il modo e il tempo per una parola, un commento, un’iniziativa (magari l’iniziativa è a mezz’aria…): non un intervento ufficiale dal 29 marzo, da quando cioè la Lega serie A con un comunicato, al termine di un’assemblea abbastanza vivace, in poche righe ufficializzava l’istituzione di un premio (“Man of the match”), “sponsorizzato dal gruppo Panini e consegnato al miglior giocatore di ognuna delle 380 partite del campionato di Serie A. Saranno gli appassionati, attraverso un QR code, a votare il giocatore che riceverà il premio sul campo a fine gara. I club hanno inoltre approvato, sempre con il gruppo Panini, il rinnovo della partnership per quanto riguarda i prodotti collezionabili”.

Un piatto forte (e ricco), una decisione e una svolta epocale, eppure passate, e rimaste, in silenzio. Cosa significa? Dopo un dettagliato e vivace dibattito, nel quale veniva discusso l’offerta della licenziataria Panini – il contratto di sei anni scadeva a giugno 2024 – e nel corso del quale un esponente di un titolatissimo club del Nord chiedeva di “sostituire la definizione di diritti collettivi in diritti licenziati” e un altro invece faceva verbalizzare “dobbiamo far inserire nel modulo di contratto di prestazione sportiva una flaggatura con la quale il calciatore cede al club il diritto commerciale della sua immagine in modo che i club nel giro di cinque anni non dipendano più da Aic per l’utilizzo di questi diritti. Poi i club non dovranno più facilitare l’Aic nell’incasso delle quote associative tramite trattenute effettuate sui club dalle retribuzioni e poi girate all’Aic”, con il voto contrario solo del Napoli di De Laurentiis, 19 club di A approvavano la stesura di due contratti con Panini, lo storico partner e produttore dell’album delle figurine che da sempre fa felici bambini e papà collezionisti, un contratto in base al quale (per decenni) l’Aic servizi ha ricavato la sua principale fonte di introito (basta leggere il bilancio, su quasi 9 milioni di fatturato più di 6 sono prodotti da quell’accordo, scaduto a giugno 2024). Fonte però finita, prosciugata, cancellata dall’accordo che la Lega A ha stipulato a inizio primavera direttamente con Panini, accordi entrati in vigore dall’1 luglio 2024 dopo il termine (30 giugno) del precedente accordo in vigore nei sei anni trascorsi dal 2018 al 2024: i club di A hanno estromesso l’Aic che, a oggi, non ha (ancora) battuto ciglio.

Si vocifera di trattative con la Lega A, si ipotizzano provvedimenti urgenti (l’album Panini sta per essere lanciato in anticipo rispetto al solito, e sull’album campeggia persino il logo dell’Aic) ma al momento non c’è nulla di concreto. Tutti gli associati (cioè tutti i calciatori che versano le quote associative al sindacato) ne sono a conoscenza? E perché Calcagno (e Grazioli) non hanno mai detto nulla? Lo avrà almeno detto in costanza della campagna elettorale che l’ha visto uscire riconfermato? La sua elezione (così salutata da Gravina: «la sua conferma certifica la bontà del lavoro svolto negli ultimi quattro anni nei quali ha rafforzato il ruolo degli atleti nel movimento calcistico italiano, non per loro esclusivo vantaggio piuttosto mettendosi responsabilmente a servizio dell’intero sistema federale») è datata 22 aprile 2024, cioè tre settimane dopo lo scacco subito dalla Lega A: lo sapevano i tesserati elettori?

In concreto, come sono andate le cose? Il 29 marzo la Lega serie A, che intanto pare avesse ricevuto altre offerte da competitor (internazionali) di Panini, chiude un doppio storico (e ricco) accordo con lo storico marchio italiano. Il primo: l’istituzione di un nuovo contratto, un accordo di sponsorizzazione (esclusivo) di 36 milioni di euro per 6 anni (6 milioni annui più Iva) con la qualifica di sponsor ufficiale del “Man of the match”. E poi un secondo, cioè l’accordo per la “licenza di serie A Official Stickers Partner con diritto esclusivo per 6 anni (dall’1 luglio 2024 al 30 giugno 2030) e 60 milioni di euro complessivi, cioè 10 milioni all’anno più Iva, “che comprende il diritto per la licenziataria di utilizzare i marchi e i segni della Serie A che – unitamente ai diritti individuali concessi dalle associate e ai diritti dei calciatori – le consentiranno di realizzare prodotti collezionabili editoriali collettivi in quanto rappresentativi esclusivamente dell’intero campionato e non di singoli individui e/o gruppi di calciatori e/o di squadre”. In sostanza, l’accordo per poter editare l’album Panini con i marchi e le maglie dei club di A, e con i volti dei calciatori. Un accordo complesso, storico, ricco, un accordo che ha lasciato a bocca asciutta l’Aic che fino al 30 giugno 2024 incassava invece una considerevole fetta di introiti grazie alla cessione dei diritti collettivi dei calciatori (suoi associati) in ragione di un accordo sindacale con la Lega A (50% dei proventi a Lega serie A, 50% ad Aic) e di un contratto con Panini stipulato nel 2012 (per 6 anni) e poi rinnovato, a cifre più alte, nel 2018 per altri sei anni: senza il volto dei calciatori, quale album si sarebbe mai potuto editare? Adesso, invece, è possibile. Anzi, è cosa fatta.

Il nuovo contratto, in vigore dall’1 luglio porta alla Lega A 16 milioni all’anno e il 20% delle royalties (i 6 milioni del “Man of the match” e 10 milioni per l’album). Il precedente contratto, c’era solo quello per l’album, prevedeva invece una corresponsione di 12,5 milioni annui per 6 anni, così ripartiti e divisi: 6,250.000 euro alla Lega di serie A e 6,250.000 euro all’Aic, o meglio all’Aic servizi, la cassaforte partecipata del sindacato. Un introito (basta leggere il bilancio e il fatturato nel conto economico del bilancio 2020 approvato nel 2021) come la principale entrata commerciale per l’associazione calciatori, ottenuto in forza della cessione dei diritti collettivi di tutti i calciatori, la principale forma di sostentamento e di garanzia verso tutti quei calciatori delle serie inferiori che spesso si son trovati (e si trovano) in difficoltà. Il contratto fino al 2020 veniva stipulato con tre soggetti seduti al tavolo: la Lega serie A (che metteva a disposizione, cedendo, i diritti su marchio, maglia e denominazione dei club e quelli della Lega), l’Aic che metteva a “disposizione” i volti dei calciatori e la licenziataria Panini. Un contratto nel 2020 rinnovato a cifre superiori rispetto a quello siglato nel 2012 (il valore del contratto nel 2012 era di 60 milioni per 6 anni, cioè 10 milioni l’anno, e cioè 5 milioni alla Lega A e 5 milioni per l’Aic, o meglio, per Aic servizi). Fatti due (facilissimi) calcoli, quindi, la Lega A (i club) si sono presi tutta la nuova torta (si stanno facendo dare, o si son già tutti fatti dare, le deleghe dai calciatori) mentre l’Aic è rimasta tagliata completamente fuori. Dai 6,250 milioni annui incassati fino al 2024, a 0 del nuovo contratto di sei anni. È ferma al palo, e in silenzio. Almeno, ufficialmente, fino ad oggi. Anche se, pare, la Lega A abbia offerto una cifra molto al ribasso (tra 1 e 2 milioni di euro l’anno), mentre intanto l’album Panini è in imminente uscita (chissà, magari Aic farà qualche ricorso?).

Sindacato calciatori, festa tra ombre e silenzi: i milioni Panini soffiati dalla serie A e il gelo su Del Piero. È l'Aic di Calcagno e Grazioli Storiesport

Intanto ad agosto è già stato pubblicato “ADRENALYNxl” (la raccolta di Cards ufficiali della Serie A) con tanto di marchio Aic in copertina (quindi qualche tipo di accordo c’è, almeno con l’azienda di Modena?). Che ne pensa l’avvocato, vicepresidente federale vicario e presidente del sindacato calciatori Umberto Calcagno? E cosa ne pensa il direttore generale di Aic (e consigliere Aic servizi) Giovanni Grazioli che è pure in organico federale? Spiegheranno qualcosa ai loro associati, soprattutto quelli che militano in società di serie B e C, che dovrebbero essere quelli più tutelati da un sindacato che oramai sembra sempre meno interessarsi alla protezione dei diritti dei propri associati (soprattutto quelli meno fortunati di chi firma contratti milionari in serie A) e in generale ai veri protagonisti del calcio? Epoi come pensano di compensare questo considerevole “buco” (passare da oltre 6 milioni di introito legati al “contratto Panini” a zero è un rovinoso cadere…) per tenere in piedi il sindacato, la società cassaforte del sindacato e i bilanci delle due? Chiederanno una intercessione (o altro) alla Figc dell’alleato e candidato Gravina? Romperanno il rumoroso silenzio, magari provando anche a dire qualcosa anche su Del Piero?

 

 

 

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