Finito il campionato, è tempo di slogan. Anche per gli arbitri che non si sottraggono mica alla vorticosa giostra degli spot confezionati ad uso e consumo proprio. «Quello italiano è un gruppo arbitrale di assoluta eccellenza», ha detto ad esempio Carlo Pacifici chiudendo cinque giorni fa l’ultimo incontro della stagione sportiva con gli arbitri della Can tenutosi nel centro federale di Coverciano. Allo sciovinistico bilancio del neo presidente dell’Aia sono poi seguite le parole di Gianluca Rocchi nel corso dell’incontro con i media svoltosi appena due giorni fa e sempre a Coverciano. «Voglio arbitri da Champions»: così il designatore della Can ha provato ad alzare l’asticella fissando nuovi obiettivi ai fischietti che guida da due anni provando a motivare, stimolare e pungolare la truppa mentre nei ranghi si dà di gomito a numeri, graduatorie, tabelle e dunque promozioni, dismissioni, bocciature, salvataggi in extremis e annessi compromessi per evitare i ricorsi che da qualche anno puntualmente piombano. Rogne, insomma. Rogne come ad esempio quelle nate a bordocampo nel corso della stagione tra qualche allenatore (Mourinho su tutti) e qualche fischietto: il dialogo aperto dal responsabile dei rapporti con i club Pinzani non sempre ha dato dolci frutti. E qui Rocchi ha ammesso, tuffandosi nella geometria. «Anche noi ci abbiamo messo del nostro. Il dialogo deve esserci però da tutte e due le parti, altrimenti ognuno va per la sua strada. Due rette parallele non si incontrano mai». Il postulato euclideo utilizzato dal designatore Can si cuce a pennello per il lastricato e dilaniato abito dell’attuale Aia: mondi distanti, impossibili da riunire. Divisa, spaccata, attraversata da veleni e conflitti, condizionata da pressioni e ingerenze, l’ultima stagione poi è stata un rosario di esorbitanti accidenti. Dall’arresto del procuratore capo D’Onofrio fino alla denuncia dell’assistente De Meo un crescendo senza fine. Capitoli già più volte affrontati, molti capitoli e parentesi ancora aperte. Come ad esempio quella sulle riforme.
Riforme, rimandi, riunioni. Adesso la questione torna sul tavolo del Comitato Nazionale dell’Aia, in agenda c’è infatti il voto sulla reintroduzione del limite di età (45 anni) e di appartenenza alla Can (10 anni), paletti definitivamente divelti appena due anni fa dalla nuova governance (Trentalange–Baglioni) eppure tornati in superficie a nemmeno un mese dall’elezione del nuovo Comitato dopo la vacatio causata dalle dimissioni obbligate del poi prosciolto Trentalange col presidente federale Gravina che spingeva sulla candidatura di Rocchi (cassando la candidatura Messina ed elargendo a Nicchi il titolo di accompagnatore dell’under 20) e poi ecco che dal cilindro sarebbe uscito il nome del romano Pacifici come trait d’union. Il nuovo Comitato come fosse espressione di quello uscente, eppure anche il nuovo si sarebbe presto spaccato, diviso, lacerato. Il caso eclatante proprio quello sul voto per la reintroduzione dei due limiti nella Can. Proposte che erano già scritte in rosso sul nuovo regolamento nel corso della riunione del 18 maggio: dovevano solo essere approvate nella riunione del Comitato allargato del 22 maggio e invece il voto burrascosamente rimandato dopo una tumultuosa riunione sfociata in rivolta, la seduta aperta dalla lettura della nota affilata del presidente della sezione di Bologna Antonio Aureliano (papà dell’arbitro Gianluca Aureliano) a suo dire portatore di un dissenso diffuso tra presidenti e qualche comitato regionale, quattro componenti del Comitato nazionale contrari (Mazzaferro, Marconi, Camiciottoli e Senesi), Katia Senesi pronta a scaraventare sul tavolo le dimissioni, la conta dalla parte della maggioranza col vice-presidente Zaroli capo popolo, Archinà e Affinito favorevoli, Zappi a provare una mediazione e il presidente Pacifici costretto alla fine a posticipare la votazione, aggiornandola e agganciandola a una nuova riunione da convocare a fine campionato per evitare un ruzzolone pericolosissimo. Due settimane fa ci sarebbero stati i voti necessari per approvare le riforme, ma a un costo altissimo: la nuova spaccatura avrebbe potuto indurre Gravina a commissariare l’associazione (pensiero già balenato nel corso della vicenda D’Onofrio e nell’infuocato periodo pre-elettorale) dopo aver già commissariato la giustizia domestica. Le due vicende (il dissenso e la riunione) raccontate (qui e qui). Il nuovo capitolo è alle porte.
La tregua, il voto, la linea Rocchi. Sì, perché il voto sulla reintroduzione dei due paletti è alle porte. Non ci saranno sorprese: dalla stagione 2024/25 (non incideranno su quella imminente, entreranno in vigore dall’1 luglio 2023) i quadri della Can A-B saranno regolati di nuovo anche dal limite di età e di appartenenza (nello specifico, leggi qui). Passeranno perché alla fine è stata raggiunta una tregua, sancita a Coverciano mentre intanto l’Italia festeggiava l’anniversario della Repubblica. Nell’affollatissimo centro federale, tra l’ultima riunione con gli arbitri, lo stage con i talent e l’incontro con i media, si sono susseguiti gli incontri tra i componenti del Comitato: le distanze non si sono completamente colmate ma almeno si sono ridotte. Le ragioni ricondotte a motivi di opportunità e diplomazia. Le operazioni osservate a distanza dall’occhio federale. Bisognava evitare la spaccatura definitiva, arrivare a una sintesi, chiudere senza ulteriori veleni una stagione già così dilaniante, dirompente, divisiva. Passerà dunque la linea del designatore Rocchi, in fondo è il responsabile della Can quello che spinge(va) più di altri per la reintroduzione del limite di età e appartenenza, paletti necessari per provare a ridurre la rosa extralarge degli arbitri di A e B a disposizione. Senza questi paletti, costretto ad agire in un corridoio strettissimo nel quale le uniche possibilità di azione sono legate all’idoneità fisica e alla graduatoria di rendimento soggetta però sempre a ricorsi, impossibile governare una rosa e renderla più omogenea, più formata, più pronta. Impossibile pure governare qualche malumore di troppo, perché con 50 arbitri in rosa e 10 partite di serie A a settimana, le rotazioni e le “panchine” hanno inevitabilmente ridotto le uscite degli internazionali e di qualche altro big: la riduzione dei compensi è stata considerevole, come considerevoli sono i rilievi sul grado di preparazione ed efficienza della nuova classe arbitrale. Rocchi vuole una Can ridotta e più performante, ridurre le rotazioni ed essere in grado di poter scegliere il meglio senza dover troppo fare conto col numero degli effettivi.
Bocciati e promossi. Per la stagione in arrivo dovrà però continuare sulla falsariga di quella uscente perché la riforme incideranno tra dodici mesi: dalla Can intanto quest’anno si dimetteranno per entrare nei ranghi più corposi della vmo Irrati e Valeri, in odore di bocciatura e uscita ci sono Serra, Miele, Meraviglia, Maggioni, Gariglio e Paterna (ma su un paio di questi si discute ancora, si sussurra che uno tra Paterna e Meraviglia possa ancora salvarsi), dalla Can C dovevano salire in quattro (Tremolada, Di Marco e Bonacina sicuri) ma alla fine per ragioni politico-gestionali arriverà anche il quinto: ai tre da aggiungere dunque Collu e Monaldi. La Can scenderà così da 50 a 47: poco, troppo poco ancora. Dal prossimo anno il limite di età (con paracadute di classifica) e di appartenenza (anche qui con paracadute, la stessa cosa varrà per gli assistenti) probabilmente aiuterà al dimagrimento dei ranghi.
Il futuro di Rocchi, l’inchiesta di Chinè. Mentre c’è chi si azzarda a dare il futuro numero giusto (42?) circola invece un’altra, più significativa domanda: chi sarà il responsabile della Can nel 2024? In realtà la domanda potrebbe valere anche per la stagione che comincerà ufficialmente i primi di luglio 2023: Rocchi si avvia a guidare la Can, ha dalla sua gran parte degli arbitri, la parte di governance Aia con in testa il presidente Pacifici che ha guadato la riva allontanandosi da quella di Trentalange-Baglioni («siate orgogliosi, come lo siamo noi, di quello che avete fatto fino ad oggi» ha detto ai suoi arbitri a Coverciano il 2 giugno) e la sponda federale eppure l’inchiesta aperta dalla Procura Figc dopo la denuncia dell’assistente De Meo (leggi qui, qui e qui) non si è ancora ufficialmente chiusa: Chinè ha ascoltato De Meo e un altro assistente, ha letto la relazione di Rocchi, ha ascoltato Manganelli, Valeri e Orsato, ma non ha ancora messo il punto. Indagine da archiviare o da proseguire, così da sgombrare il campo da residui e sedimenti? Proseguirà per un altro anno la carriera di fischietto Daniele Orsato, poi si vedrà. Tutto è temporaneo, tutto è in divenire, caduco anche il destino arbitrale: tra un anno si andrà a nuove elezioni e già si lavora dietro le quinte per stringere patti, siglare e rompere alleanze, passare il guado. Il neo-presidente Pacifici che abita e vive a Roma deve aver compreso bene il motto che si perde nella notte dei secoli nella città eterna: per questo, dopo aver fatto da mediatore, ha sposato e sostenuto la linea Rocchi. Magari potrebbe servirgli per ricandidarsi il prossimo anno se Orsato non deciderà di scendere nell’agone. Agone nazionale che Rocchi potrebbe chissà abbandonare il prossimo anno, visto che è in agenda un ricambio nei vertici internazionali: Rosetti è dato in uscita mentre Rizzoli non ha ancora deciso cosa farà da grande.
Il futuro di Trentalange e quello di D’Onofrio. La tregua armata firmata tra i componenti del Comitato Nazionale, che s’appresta compatto a votare sì alle riforme, quanto durerà? Negli incontri, a Coverciano e lontano da Coverciano, nei colloqui tra la sponda del Tevere, quella del Po e quella dell’Arno, si sarebbe trovata una sintesi che ha ridotto le riottosità, specie del trio Senesi-Mazzaferro-Camiciottoli. Il voto sarà espressione di una linea comune in attesa della definizione dei nuovi ranghi (a parte i quadri nella Can, sono da nominare i nuovi responsabili e componenti delle commissioni nazionali, i nuovi componenti dei Cra, il responsabile e i componenti del settore tecnico) nei quali dovrebbe tornare anche Alfredo Trentalange, un modo anche per cercare di ricomporre un assetto assai frazionato (eufemismo), Prosciolto dalle accuse, dopo aver superato i due gradi di processo sportivo, l’ex presidente dell’Aia si appresta infatti a ricevere un nuovo incarico mentre il suo ex vice (Baglioni) due mesi fa è stato nominato dal consiglio federale come coordinatore del “tavolo permanente sulla violenza sugli arbitri”. C’è chi ha adombrato addirittura la nomina a nuovo responsabile della Can ma resta ipotesi improbabile. Con Nicchi il piemontese era stato il responsabile del settore tecnico: che possa tornare in questo ruolo oppure sarebbe un deja vù? Difficile pensare che si arrivi a proporre a un ex presidente Aia l’incarico di designatore della Lega Pro. E se invece Trentalange prendesse il posto di Celi che a febbraio aveva preso il posto del dimissionario Stella come responsabile della Commissione osservatori nazionale? A breve la soluzione del quiz, di certo c’è che a Trentalange «verrà riconosciuto un ruolo importante come risarcimento morale», così almeno sostiene chi sta dentro la stanza dei bottoni ed ha assistito alla parabola discendente di un presidente costretto a dimettersi dopo l’esplosione del caso D’Onofrio, processato e infine prosciolto. Altamente improbabile invece che dal tunnel nel quale s’è rinfilato mesi fa, ne esca rivedendo la luce piena Rosario D’Onofrio. L’ex procuratore capo dell’Aia, arrestato a novembre con l’accusa di narcotraffico (già condannato per lo stesso reato) ha ottenuto da poco i domiciliari ma si appresta ad andare a giudizio davanti ai giudici del Tribunale di Milano. A lui e ad altre 56 persone la Procura di Milano ha appena notificato l’avviso di chiusura indagini. Scontato il rinvio a giudizio.
La lettera di Aureliano e il parere legale. Rinviata con perdite invece la nuova lettera (con annesso parere di un esperto) di Aureliano senior con cui il presidente della sezione Aia di Bologna confermava il dissenso e i rilievi alla reintroduzione delle riforme in vista della prossima, imminente, riunione del Comitato Nazionale. Di seguito uno stralcio. “Per arrivare in serie A, avete visto voi stessi quanti sacrifici i ragazzi fanno, sia sul lavoro che nella vita privata: ma una volta giunti si devono trovare in un contesto di norme che ne limitano la loro permanenza, per età o per appartenenza all’organico? …nelle categorie professionistiche devono rimanere i più forti, non i più giovani o i più anziani o quelli che ci sono da meno tempo. Le regole prevedono una graduatoria di merito, associata all’efficienza fisica, al non essere incorso in fermi tecnici o condanne, etc. Per il momento, queste norme sono sufficienti a decidere il destino degli arbitri della CAN A e B che, sottolineo senza tema di smentita non sono professionisti, anche se li si vuole dipingere come tali. C’è una legge, il Decreto Legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021, che ha previsto come i direttori di gara debbano essere annoverati tra i lavoratori: e ciò al pari di giocatori, allenatori, medici, etc. Nel recente passato abbiamo assistito, ogni anno, all’impugnazione della graduatoria di merito e a ricorsi contro le decisioni dell’organo tecnico, che, per regolamento, sono insindacabili. Ed abbiamo visto diversi arbitri e assistenti dismessi essere riammessi. Cambiare oggi le regole, così in fretta e furia, darebbe soltanto il modo di far proliferare questi contenziosi. E non è il modo di conferire unità alla nostra associazione. Ora è necessario attendere le modifiche e gli interventi del Legislatore statale e poi mettere mano a tutto il Regolamento associativo e alle norme di funzionamento… Gli arbitri non sono degli stracci che vengono utilizzati solo quando servono, ma delle persone che hanno compiuto innumerevoli sacrifici per realizzare il loro sogno: i loro diritti di lavoratori e la loro dignità di persone debbono essere tutelati, in primo luogo dai noi presidenti di sezione, perché dalla base ciascuno di loro è partito”. Alla lettera, Aureliano aveva allegato il parere dell’avvocato Gabriele Bordoni, esperto in materia di giustizia sportiva per il quale, tra le altre cose, “risulta pericoloso prevedere limiti temporali alla carriera di un direttore di gara di serie professionistiche… non appare conforme al diritto generale e alla Carta Suprema introdurre termini temporali di permanenza nel ruolo che vale l’esclusione da una funzione lavorativa…se il direttore di gara viene equiparato a un calciatore, a un medico sportivo o a un allenatore, si deve tener conto che per questi professionisti non è previsto alcun limite connesso all’età per l’espletamento delle rispettive funzioni, tutti soggiacendo solo alle regole relative all’idoneità fisica. Per tale ragione l’introduzione di un limite, soprattutto considerato che appena due anni fa lo stesso era stato eliminato per uniformarsi alle regole internazionali di Uefa e Fifa che non lo prevedono, violerebbe il diritto internazionale vivente in materia ed esporrebbe l’associazione a ricorsi circa l’illegittimità di tale norma… Mi pare che il legislatore dell’Aia sia stato frettoloso nel proporre la modifica di alcune norme in un momento in cui, piuttosto, sarebbe da rivedere organicamente tutto il sistema associativo, per renderlo conforme alle indicazioni del legislatore statale”. Rilievi giusti o meno, comunque niente da fare. Per ora è stata siglata una tregua. Sì alle riforme, uniti e compatti. Sì, ma fino a quando?