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Cessione Salernitana, la fumata è bianca

Lotito e Mezzaroma trattano il passaggio con un imprenditore romano di origini salernitane. Il dialogo con la Figc e le aziende del gruppo acquirente

Sudata, sofferta e strameritata, eppure sospesa tra singhiozzi, silenzi e suspence: la promozione della Salernitana in serie A vissuta come fossero tumultuose pagine di un romanzo in attesa della parola fine. Sono passati 34 giorni dal tripudio, ne restano 11 al limite (quasi) invalicabile fissato dalla Figc: è arrivato il tempo di chiudere il libro, è il momento di aprirne un altro. Perché il decennio romano di Claudio Lotito e Marco Mezzaroma è ormai finito, i due patron sono al passo d’addio, il passaggio del 100% delle quote della società granata è a un passo. È l’ultimo, è come sempre il più difficile, sofferto, delicato: non si può sbagliare perché responsabilità e rischi diventerebbero macigni anche morali per chi in dieci anni ha portato la Salernitana dalla D alla A. Sarebbe come far svanire tutto in una bolla di sapone. “Non la si può lasciare in mano di avventurieri”, continuano a ripetere. No sarebbe troppo, non sarebbe possibile né logicamente sostenibile. Nemmeno difendibile. Il terreno è scivoloso e l’ultimo chilometro è sempre il più faticoso. Però vecchi proprietari e nuovo acquirente non dovranno spostarsi da Roma per mettere le firme in calce al contratto di cessione. È a Roma che tutto finisce e riparte.

A Roma dove ha la sede legale il gruppo societario acquirente, in linea d’aria davvero un soffio dallo studio di consulenza legale a cui la Salernitana, come da comunicato dell’11 giugno, “ha affidato a professionisti del settore l’incarico di gestire la cessione delle quote societarie. Tali trattative sono pertanto coperte dal segreto professionale, ogni comunicazione sarà fatta nei modi e nei tempi debiti”.

A Roma dove ha sede la Figc perché è in via Allegri che in questi trenta giorni si è giocata la partita più importante. Dopo giorni difficili, dopo incontri tra il gruppo giuridico federale guidato da Giancarlo Viglione e quello granata guidato da un professore universitario (Rino Sica), dopo giorni tesi vissuti tra slogan, minacce, dettati e dichiarazioni a mezzo stampa degli ex amici Gravina e Lotito, il terreno s’è fatto meno impervio. Più volte bocciata la soluzione del trust: soluzione non percorribile, non praticabile, non sostenibile. L’ultima carta potrebbe essere una soltanto, l’unica concessione ma solo per consentire alla Salernitana di perfezionare l’iscrizione, visti i tempi sempre più stringenti perché il 25 giugno è davvero dietro l’angolo: da ipotesi sarebbe un trust finalizzato alla vendita, però con tempi stretti e fissati, e solo in presenza di un’offerta documentata e credibile di un acquirente che non abbia rapporti con la vecchia proprietà. Una soluzione però secondaria, considerata adesso solo l’ultima ipotesi anche dalla Salernitana: perché la soluzione dietro l’angolo è un’altra, perché è sulla cessione totale del pacchetto azionario che si sta perfezionando l’accordo definitivo. In fondo è l’unica strada che metterebbe tutti d’accordo. Anche la Figc, tanto più che il gruppo societario acquirente ha da poco avviato un progetto proprio con la Federcalcio, supportata anche in qualità di sponsor, tanto più che il gruppo acquirente ha solidi e importanti contratti in essere con la Pubblica Amministrazione. Come poter disconoscere, come poter rifiutare, come porre il niet? Un’operazione definita magistrale da chi nei corridoi dei palazzi della capitale si muove con stupefacente capacità analitica e descrittiva.

La società capogruppo acquirente ha sede legale a Roma, la sede amministrativa e la direzione generale delocalizzate per scelta convinta e precisa in una regione del Centro, infine un ufficio marketing e comunicazione in Lombardia. Il core business si divide in diversi settori arrivando anche a quello dell’editoria, della ristorazione e di una filiera alimentare ma il lavoro e gli interessi principali, quello da cui tutto è partito oltre trent’anni fa, sono altri. Le unità di business sono tre, alcune hanno ramificazioni in regioni del Centro-Sud, altre oltre 50 filiali sull’intero territorio italiano. Non è quotata in borsa, è una società per azioni che ha in tutto oltre 500 dipendenti, ha diversi rami societari (anche esteri) per un fatturato complessivo nell’ordine di centinaia di milioni di euro, ha una struttura organizzativa e aziendale guidata da profili giovani: i 45 dirigenti della sede operativa hanno un’età media che non supera i 40 e la sede è in uno stupendo palazzo rinascimentale restaurato a proprie spese.

È giovane il presidente e amministratore delegato del Gruppo (le sorelle presenti nel cda) che dopo una laurea in Economia aziendale a Roma e una specializzazione marketing in California, ha raccolto il testimone dal padre, l’uomo che dal nulla ha creato una realtà solidissima e a più gambe, papà deceduto qualche anno fa. Parla molto bene l’inglese e lo spagnolo ma conosce bene il dialetto salernitano anche se non lo parla. È cresciuto lontano ma le radici familiari sono intimamente legate alla provincia di Salerno: il padre, nato in provincia di Napoli, ci aveva trovato l’amore e lasciato impronte indelebili, definito un filantropo innamorato della propria terra come appassionato di Salernitana è il figlio.

È anche la passione per i colori granata che gli ha fatto avanzare la proposta, che ha favorito l’avvicinamento col duo Lotito-Mezzaroma. I contatti sempre più frequenti e poi un incontro nel fine settimana che avrebbe ormai – soffiano sempre più decisi i rumors – spianato la strada all’intesa. Annunciata come vicina. Però senza firme non si scrive la parola fine, non si canta vittoria, non si firma il contratto.

È vero che la Salernitana non ha esposizioni debitorie ma è pur vero che non ha strutture di proprietà e non ha un patrimonio calciatori nutrito e di “mercato”. È pur vero che dalle compensazioni di mercato c’è una voce di 15 milioni di euro in positivo, è pur vero che la serie A porta in dote 35 milioni di euro di diritti tv anche se bisogna toglierne 4 e dunque sono 31 milioni, è pur vero che nella malaugurata ipotesi di paracadute di milioni ne arriverebbero altri 10. Facendo una somma azzardata sarebbero poco più di 50: ma nel calcio non si ragiona così, soprattutto non si ragiona così negli affari. E dunque la richiesta di Lotito e Mezzaroma da levigare e mitigare, come da comprendere e valutare con serietà la proposta e la solidità della controparte, così come la formula sull’intero e completo pagamento del pacchetto azionario. Ma il ragionamento, la trattativa, si sta basando anche su altro. Perché il nocciolo non sta nei milioni. «Stiamo lavorando per affidare la Salernitana in buone mani, sarebbe un delitto dopo tanto lavoro lasciarla a chi non potrebbe continuare a darle un futuro». Le parole ripetute come un mantra. Dai due patron, dalla moglie di Lotito, dal figlio Enrico, dagli avvocati.

Dieci anni non possono finire come in una bolla di sapone, non possono lasciare spazio all’incerto, all’ignoto. Parole e riflessioni da pesare bene, come alcune proposte “indecenti” ricevute in questi giorni così delicati, tra cui quella dell’ex patron del Trapani fallito Pellino in combinazione casertana, oppure quella avellinese sponsorizzata da Taccone che aveva provato il salto del canguro. Niente salti, piedi ben piantati in terra. Perché non è solo l’iscrizione alle porte, alle porte è proprio il campionato di serie A: i tempi sono ristretti e obbligati. “Il gruppo acquirente ha la capacità di infondere e subito capitali per rafforzare la rosa, ha la capacità e l’obiettivo di mettere in essere contratti robusti e importanti, ha la capacità di assicurare un futuro alla Salernitana?”. Sono queste le domande da farsi, questo si stanno chiedendo e chiarendo le due parti mentre il pool di consulenti legali e finanziari lavora alla definizione dell’accordo finale. Da sottoporre alle fatidiche firme, così alla valutazione di chi dovrà ricevere la documentazione ed esprimere un parere significativo, come fosse un lasciapassare.

Cioè in via Allegri, perché è anche da lì che passerà l’eventuale fumata bianca: in via Allegri conoscono bene Lotito ma conoscono da poco anche l’acquirente che tra l’altro sponsorizza anche una società sportiva non calcistica. Resterebbero dettagli, come il nome dell’acquirente. Andrea, pare. Non Della Valle e nemmeno Radrizzani. No, il cognome è un altro. Ma questo è solo l’ultimo punto di un romanzo che sta per arrivare all’ultima pagina. Alla parola fine.

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