Si chiama “Visioni Mondiali”, è il palinsesto Rai che illustra la programmazione dell’imminente Mondiale di calcio in Qatar, dal 20 novembre al 18 dicembre. I 29 giorni televisivi riassunti in una brochure. Sette pagine: parole, impegni e intenti, breve cenno agli appuntamenti, un paragrafo sulla “formazione” di telecronisti Rai Sport che darà voce alle 64 partite, tutte in diretta. Però nessun accenno alla cifra spesa per assicurarsi l’esclusiva dei diritti multimediali dell’evento: 180 pare siano i milioni di euro investiti dalla tv di Stato che mette in conto il flop, colpa pure della mancata qualificazione della Nazionale e della mancata vendita di pacchetti e diritti ad altre emittenti (Amazon, Sky). «Un evento in perdita, come tutti gli altri, però qui non parliamo solo di calcio. Il Mondiale è anche una questione sociale e culturale», ha detto l’ad Rai Carlo Fuortes, si sussurra messo lì all’epoca dal duo Franceschini–Bettini e ora in uscita: gli sarebbe stato proposto il posto di Sovraintendente alla Scala. Pensando allo spettacolo, invece: «Racconteremo tutto, specie quello che non si vedrà: vi faremo divertire». Così Alessandra De Stefano, direttore di Rai Sport dallo scorso novembre. La prima donna a dirigere la redazione sportiva della Rai. Nomine, promozioni, spostamenti, pensionamenti congelati, addii indotti, collaborazioni esterne, denunce, elezioni del cdr congelate nell’urna da mesi: in attesa del divertimento mondiale annunciato dal direttore, pare ci si diverta un po’ meno fra i corridoi di Rai Sport. Tra quelle stanze e quei meandri è un continuo fiume di velenose polemiche che non s’arresta. “L’assemblea esprime diffuso malessere sull’attuale gestione della Testata…”: iniziava così il comunicato dei giornalisti Rai Sport. Era luglio, s’era in pieno clima di pre-convocazioni per i Mondiali nell’emirato del Qatar: nel gruppo figurava un nutrito pacchetto di giornaliste, gruppo capeggiato da Donatella Scarnati che sarebbe dovuta andare in pensione e che invece s’è vista prolungare il contratto di sei mesi (trattamento non ricevuto da altri, fuori dalla Rai alla scadenza senza nemmeno una settimana di proroga: successe per Galeazzi e accadde per la Vaccari), fino a dicembre, fino cioè alla conclusione dei Mondiali: sarà il team leader della spedizione Rai a Doha, una scelta criticata dall’assemblea dei redattori in un passaggio di quella lettera, “ci sono 120 giornalisti e si ricorre a una pensionata…”. Però. «Vista la presenza dell’Italia serviva la sua professionalità», così aveva detto qualche mese prima la De Stefano. L’Italia però sarebbe stata eliminata a marzo ma la scelta di puntare sulla Scarnati congedando Civoli sarebbe invece rimasta. Parole e scelte del direttore accolte tra malumori e stupore. Che avrebbe toccato tanti tasti nelle sue prime uscite, compreso quello sul ruolo delle donne in tv. «Lo sport è maschilista, il primo cambiamento sarà in regia: basta inquadrature sempre dal basso sulle donne per mostrare cosce e caviglie. E basta con spacchi, tacchi e scollature nei programmi, l’unica cosa che conta è la bravura. Presto arriverà il tempo di una donna a seguire la nazionale», tuonò la direttora capace di guadagnarsi i galloni sul campo raccontando soprattutto ciclismo: la scelta della stimatissima Scarnati non è certo da apparecchiare come quota rosa. Comunque successe che da lì a poco Tiziana Alla avrebbe raccolto il testimone di Alessandro Antinelli, diventando così la prima donna bordocampista Rai nelle gare della nazionale maggiore. Pareva l’inizio di una nuova era: almeno la parità di genere concretamente attuata. L’immagine della presentazione – nella foto dentro la porta tutti maschi, tranne il direttore De Stefano e l’opinionista Simeoni – il colore rosa non c’è.
Visioni Mondiali e oscuramento. A luglio c’era anche il nome di Tiziana Alla e di altre sue colleghe (tra tutte, Annalisa Bartoli e Simona Rolandi) nella squadra di giornalisti da inviare a Doha, capitale di un emirato al centro d’inchieste internazionali di quotidiani come ad esempio “The Guardian” e “New York Times”, apertamente sfidato da associazioni come ad esempio “Amnesty International” e “Human Rights Watch” che da anni pongono all’attenzione mondiale non solo il sottaciuto peso pagato – in termini di morti (oltre 6500 operai) e non di risarcimenti alle famiglie – per l’allestimento di stadi e infrastrutture del Mondiale ma anche e soprattutto sui diritti umani negati, sulla pena di morte, sullo sfruttamento del lavoro, sulle discriminazioni di carattere sessuale, sul ruolo delle donne. Solo un brevissimo accenno perché l’elenco sarebbe infinito: l’omosessualità è considerata un crimine per la Sharia, come l’adulterio e la fornicazione, una donna che partorisce un figlio illegittimo va in carcere. In questi anni ci sono stati giornalisti bloccati e finanche arrestati, come due inviati norvegesi che stavano indagando sul lavoro nei cantieri. Lungo è anche l’elenco delle prescrizioni e degli avvisi forniti a chi sarà in Qatar per i Mondiali: turisti, tifosi e anche giornalisti. Dai divieti sulle riprese a quelli sull’abbigliamento: alle donne ad esempio si “consiglia” di non indossare leggins, minigonne e abiti aderenti. «I Mondiali dovrebbero essere un premio per la nazione che li ospita e invece questi sono un regalo al Qatar che è una nazione dove i più elementari diritti umani non esistono»: parole del presidente della Federcalcio norvegese, la signora Lisa Klaveness. E cosa dire della partecipazione dell’Iran (vietato alle donne andare allo stadio) dove in questi giorni la rivolta risuona – “Donna, vita, libertà” – con parole ferme, coraggiose e decise? Il Mondiale in Qatar sarebbe un’occasione imperdibile per l’intero Occidente: manifestare il dissenso con atti concreti. Restrizioni e divieti: l’oscurantismo pare invece assecondato, preso come una pillola necessaria. Chi più dei media – indagando, scrivendo, raccontando, infischiandosene di divieti, restrizioni e consigli – potrebbe affrontare questa battaglia? Un plotone armato di biro, video e taccuino e pieno di donne, in barba alla condizione, alle restrizioni e discriminazioni che vivono le donne in Qatar. Eppure.
Una squadra senza il rosa. Il plotone femminile della Rai s’è però andato assottigliando nel corso di questi mesi. È rimasta solo la Scarnati, unica inviata la Rolandi. «Il Mondiale è anche una questione sociale e culturale»: le parole dell’ad Fuortes sono di una settimana fa ma continuano a risuonare beffarde. Non ci sarà Annalisa Bartoli che pare destinata al lavoro di coordinamento a Roma. Non ci sarà Tiziana Alla. Non ci saranno nemmeno i commenti televisivi di Carolina Morace e di Katia Serra che appena un anno e mezzo fa, complice il Covid che aveva colpito Di Gennaro insieme a Rimedio, aveva affiancato Bizzotto nella telecronaca della finale dell’Europeo a Wembley. La squadra di telecronisti, inviati e commentatori Rai formata dal direttore (è così che firma programmi e notiziari) De Stefano è praticamente tutta al maschile. In Qatar questo sarà lo schieramento. Telecronisti: Bizzotto, De Capitani, Dario Di Gennaro, Rimedio. Commentatori: Adani, Antonio Di Gennaro, Marchisio, Nela e (pare) Stramaccioni. Inviati: Volpi, Antinelli, Lollobrigida e la “sopravvissuta” Rolandi. Nessuna donna nemmeno via radio: tra i commentatori via-tubo, cioè dall’Italia (Collovati, Dossena, Orlando), ci sarà solo Katia Serra. Un anno fa apprezzata voce televisiva nella finale dell’Europeo, ora degradata a commentatrice radio da casa. Destino da comparsa per la Morace, di solito prima attrice. Conoscere il motivo però pare impresa impossibile. Tutti in silenzio. O quasi.
Antinelli, il ruolo e il marchio. Perché di sussurri e grida se ne raccolgono a iosa nei corridoi di Rai Sport, specie in questi giorni di fervida preparazione al viaggio. Sussurri e osservazioni ad esempio cadono su Alessandro Antinelli. Da poco è stato promosso capo-redattore centrale: nel gergo giornalistico è il giornalista che “cucina” il menù per redattori e inviati, è il capo della struttura centrale. Per questo “avrebbe dovuto stare a Roma e non andare in Qatar, per giunta da inviato, altrimenti che caporedattore centrale è?”: rilievi e domande si annidano, si annodano a malumori diffusi tra molti dei suoi colleghi sportivi Rai. Fino a riaccendere una questione che la direzione di Rai Sport pare abbia voluto liquidare invece in tutta fretta alla fine di questo settembre. Quasi a oscurarla. Invece riprese accurate e più di un occhio attento avevano notato che a giugno in occasione di tre gare della Nazionale (Italia-Germania e la doppia con l’Inghilterra) Antinelli, intanto promosso al ruolo di conduttore delle trasmissioni durante le gare della nazionale (il posto sino a marzo era di Paola Ferrari in coppia con Luca Toni), indossasse capi con tutta evidenza del marchio di un’azienda per la quale aveva fatto (pare per 6 anni) da testimonial, testimonianza ripresa da un video sui social e non solo dalle foto sul web. Due anni fa Massimo Caputi era stato pizzicato all’Isola dei famosi con la maglietta prodotta dalla moglie (“Gatta ci cueva”) e messo alla porta dalla Rai. Per Antinelli, invece. «È stata una leggerezza, Antinelli mi ha spiegato la vicenda che risale al 2015/2017, ai tempi della Domenica Sportiva. Non esiste alcuna sponsorizzazione e nessun accordo pubblicitario. Non ha percepito un centesimo. Si è scusato, gli ho chiesto di non apparire più indossando brand che siano evidenti»: così ha chiuso la vicenda il direttore De Stefano. Su sua indicazione la tv di Stato pare stia approntando capi d’abbigliamento col marchio Rai da affidare a giornalisti e inviati: intanto però il Codacons ha presentato un esposto a Agcom, Antitrust e Commissione Vigilanza Rai mettendo nel mirino non solo le presunte condotte di Antinelli ma anche le presunte omissioni e il presunto mancato controllo della Di Stefano e della Scarnati.
Il Circolo dei Mondiali e gli anelli velenosi. Non ci saranno tante donne nella squadra Mondiale in Qatar. Ci sarà però Sara Simeoni nello studio dove ogni sera si commenterà la giornata di calcio. Con la sua simpatia e il suo candore, la piacevole sorpresa de “Il circolo degli anelli” in onda durante l’Olimpiade di Tokyo sarà così protagonista nella confermatissima squadra che nell’estate del 2021 catturò audience e consensi: ci sarà Juri Chechi, e come conduttrice ci sarà il direttore di Rai Sport Alessandra Di Stefano. Il programma sulle Olimpiadi aveva taglio leggero, fuori dagli schemi: darà lo stesso risultato col calcio, per giunta senza l’Italia protagonista? Anche queste domande girano tra i corridoi Rai e soprattutto di Rai Sport. Circolo vizioso, circolo d’aria velenosa. Ad esempio non è stata presa benissimo (eufemismo) la scelta di comprendere nell’offerta giornalistica sui Mondiali anche la “Bobo tv”, trasmissione che ha catturato audience dalla pandemia in poi su Twitch: Vieri e Ventola saranno in studio a Milano nella finestra di 4’, lo spaccato mondiale avrà i commenti di Cassano da Genova e di Adani che però sarà a Doha, come commentatore Rai. La scelta della tv di Stato ha un fine preciso: catturare e attrarre sponsor, più che ascolti… derivati. Alla Di Stefano che pare comunichi solo via mail, l’assemblea dei giornalisti di Rai Sport a luglio aveva scritto, tra l’altro: “L’Assemblea di RaiSport esprime un diffuso malessere sull’attuale gestione della Testata. Dopo la comunicazione del Direttore sulle persone coinvolte a seguire il Mondiale in Qatar, nei colleghi rimasti a casa serpeggia la stessa consapevolezza: Rai Sport è ormai una testata dove un ristretto gruppo di persone può ricoprire ogni ruolo, mentre la restante parte delle redazioni di Roma e Milano è considerata mera appendice. Colleghi che durante la stagione si occupano a 360 gradi di calcio non parteciperanno alla spedizione, mentre in Qatar saranno presenti 4 colleghi apicali della line di Roma, un caporedattore centrale, un caporedattore, due vicecaporedattori e un collega che non fa parte della redazione calcio. L’Assemblea si chiede poi quali saranno i costi delle trasmissioni quasi interamente gestite dall’esterno, mentre sarebbe possibile ridurre sensibilmente i costi realizzando le trasmissioni da Roma”. Appena un mese fa invece l’associazione “Stampa Romana” chiedeva che fine avesse fatto la votazione sul nuovo comitato di redazione: a luglio, a urne aperte, era arrivato il rilievo Fnsi sulla candidatura di Paola Ferrari, candidatura considerata non possibile visto il contratto da “articolo 2”. Sono passati tre mesi ma tutto resta congelato. A proposito di donne, tv e sport, così mesi fa la Ferrari. «Le donne in tv ci vanno per bellezza e non per competenza, anche se molte ci sguazzano: non sono nulla». A marzo ha lasciato la conduzione della trasmissione legata alle gare della Nazionale, da un mese conduce “Domenica Dribbling” con Adriano Panatta che da tennista spesso chiudeva il punto con una “veronica”. Un’altra bella piroetta – secondo Usigrai e redazione di Rai Sport – l’avrebbe compiuta il direttore Di Stefano assumendo con contratto di collaborazione Lia Capizzi, ex volto di Sky e ora commentatrice a “La Domenica Sportiva”. «Non si capisce perché la Rai continui con questi favoritismi verso i collaboratori esterni e non si affidi alle forze interne»: ai rilievi pare non sia arrivata alcuna risposta. Magari una risposta all’appello della Scarnati arriverà in diretta Fiorello. Il team leader della spedizione a Doha ha invitato lo showman di ritorno in Rai «a farci una visita nelle trasmissioni, se gli servono le ultimissime, noi ci siamo». Fiorello raccoglierà l’invito?
Le discriminazioni sessiste e le assenze. Ridotta all’osso la presenza femminile Rai in Qatar, chissà se alle orecchie della 56enne direttrice Alessandra De Stefano risuoneranno mai le parole pronunciate nel 2006 dal “Comitato donne Rai” e dall’Usigrai a sostegno di una vicenda di “discriminazione sessista” che riguardava proprio lei. Chiedeva il ricongiungimento familiare – il marito a Parigi – istanza negata dalla Rai per il timore che un giorno potesse “chiedere l’indennità di corrispondenza”. Nel giorno in cui scatterà il Mondiale, proprio per accordo con la Rai, l’Italia giocherà un’amara amichevole contro l’Albania. Dopo il rompete le righe chissà se il ct Roberto Mancini volerà a Doha per l’appuntamento degli allenatori fissato dalla Fifa. Quest’anno salirà in cattedra Carlo Ancelotti, considerato il più bravo tecnico mondiale in attività. Una piccola soddisfazione per il movimento calcistico nazionale che vedrà le partite trasmesse dalla Rai comodamente in poltrona, senza il sussulto di un’emozione e del piacevole scatto di una sfilata per le strade. A casa, come tutti gli italiani, potrebbe restare pure Gabriele Gravina: nei giorni mondiali a Doha si terranno come sempre le assemblee della Fifa e la riunione Uefa. Corre voce però che il presidente Figc stia pensando di rinunciare al viaggio. Forse dal vivo le “Visioni Mondiali” risulterebbero ancor più indigeste.