Mentre occhi e titoli sono tutti puntati sul plastico scontro che si sta celebrando su “ius scholae” e autonomia differenziata, nella maggioranza di Governo meloniana c’è un’altra guerra fratricida e un po’ dimenticata che si sta consumando in un’estate a temperature bollenti. Non ruberà forse mille attenzioni, eppure è sempre più rovente lo scontro nelle acque del nuoto italiano, tanto da bagnare l’aula di Montecitorio, invasa com’è dal duello per la presidenza della Federnuoto affogato in uno scontro combattuto a colpi di veleni, lettere, silenzi, censure e ricorsi: è uno scontro dove lo stile pare letteralmente scomparso per lasciare spazio a una sorta di gara senza però regole e, all’apparenza, senza giudici imparziali. Al momento la questione è oggetto di giudizi presso le corti di giustizia sportive ma è lecito immaginare come possa facilmente approdare sui tavoli della giustizia amministrativa, e non solo.
Tutto per la poltrona della Fin, l’incontrastato regno cioè di Paolo Barelli, romano, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati e uomo forte del vice-premier Antonio Tajani (entrambi romani), presidente federale dal 2000 che si candida al suo settimo mandato di fila, forte del consenso che gli deriva anche dai successi del nuoto italiano che anche all’Olimpiade di Parigi ha conquistato due medaglie d’oro: imprenditore, proprietario di piscine, governa un movimento che conta cinque milioni di tesserati e punta a restare sul trono per altri quattro anni (ne conta già ben 24 consecutivi) sfruttando anche quell’emendamento spuntato (e approvato) a sorpresa in un decreto sulla Pubblica Amministrazione nell’estate del 2023, un emendamento che a Montecitorio (Barelli è capogruppo di Forza Italia da marzo 2023) e non solo fu ribattezzato “Decreto Salva-Barelli”. E già, perché grazie a quell’emendamento, preso si disse (lo disse proprio Barelli) in virtù di un parere della Corte Costituzionale, il limite dei tre mandati di fila per i presidenti di federazioni sportive veniva “aggirato” e dunque eliminato, con somma soddisfazione di altri regnanti sine die, tipo Petrucci e tipo Binaghi, tipo Aracu o Chimenti: la questione è ben diversa, ma ce ne occuperemo dopo.
Adesso tutta l’attenzione va sullo scontro in atto: perché Paolo Barelli corre per il suo settimo mandato di fila consecutivo e corre, al momento, da solo. Senza avversari, e, c’è chi lo sostiene con atti e documenti alla mano, senza regole e senza seguire quanto invece prescritto dallo Statuto federale della federazione italiana nuoto. Lo farebbe affidandosi a cioè dei cavilli, a dei vizi procedurali: quelli che per il momento hanno bloccato e sospeso la corsa e le velleità di Fabio Rampelli, 62enne romano, anche lui ex nuotatore come Barelli, e che insieme a Barelli fa parte della maggioranza di Governo di centrodestra. È un onorevole di Fratelli d’Italia (qualcuno sostiene caduto in disgrazia agli occhi della premier Meloni per dissapori con il ministro-cognato Lollobrigida) ed è anche il vice-presidente della Camera dei Deputati. La sua candidatura è stata però bocciata, accartocciata, cassata: il suo ricorso al tribunale federale Fin è stato discusso con urgenza il 16 agosto e rispedito al mittente, Rampelli ha quindi presentato un ricorso alla Corte di Appello federale che sarà discusso domani, cioè a soli dodici giorni dall’assemblea elettiva. Considerata la ristrettezza dei tempi e la compressione dei diritti a un’equa competizione, Rampelli aveva inoltre chiesto, con un’istanza al presidente e al consiglio direttivo Fin, un differimento dell’assemblea elettiva, “affinché ci siano i tempi tecnici per lo svolgimento dei procedimenti dinanzi agli organi di giustizia sportiva e, in caso di accoglimento della sua richiesta di ammissione, di svolgimento della campagna elettorale”. Nessuna risposta però è arrivata, né da Barelli né dal consiglio direttivo federale: solo silenzi e attese, solo un naturale e fisiologico scivolamento verso il 7 settembre… In caso di esito sfavorevole, i legali di Rampelli sono però decisi a presentare la questione al vaglio del Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni. Ma come si è potuti arrivare a questo?
Dieci giorni prima dell’inizio dell’Olimpiade parigina, l’onorevole Fabio Rampelli (anch’egli, come Barelli, è un ex nazionale di nuoto) aveva pubblicamente manifestato (con interviste e indiscrezioni sui maggiori quotidiani, politici e sportivi) l’intenzione di candidarsi alla presidenza Federnuoto, anzi pare l’avesse comunicato anche direttamente a Barelli che intanto il 5 luglio vedeva fissare dal consiglio federale l’assemblea elettiva al 7 settembre, comprimendo e accelerando così i tempi (riduzione dei termini del consiglio federale presieduto dal presidente federale uscente: conflitto di interessi no?) senza una stringente necessità, perché in fondo il termine ultimo per le elezioni federali è fissato al 15 marzo 2025, visto che poi a maggio si andrà all’elezione del presidente del Coni. Un’accelerazione strana, quantomeno.
Secondo quanto scritto nello Statuto federale (articolo 15) “coloro che intendono concorrere alle elezioni a presidente federale e al consiglio federale devono presentare la propria candidatura per iscritto alla segreteria federale entro e non oltre 40 giorni prima della data di celebrazione dell’assemblea, a pena di decadenza”. A differenza di quanto scritto nello Statuto federale, la Fin però pubblica l’11 luglio un comunicato con le modalità e i termini di presentazione delle candidature, e cioè: la candidatura deve essere presentata entro il 29 luglio (i famosi 40 giorni prima dell’assemblea elettiva) però entro le ore 12, e la candidatura deve essere inviata via pec all’indirizzo candidatura2024@pecfedernuotoit
Intanto Rampelli presenta il 29 luglio la propria candidatura. Però inciampa in uno sbaglio: presenta sì la propria candidatura nell’orario previsto (ore 11.30) ma lo fa compilando e (inviando) il modulo per la candidatura alla presidenza del Collegio Revisori dei Conti della Fin attraverso la società (Larus Nuoto) cui è iscritto. Un’ora dopo gli viene però informalmente comunicato l’errore, al quale allora prova a mettere riparo inviando due pec con il modulo corretto. Niente. Allora invia una nuova pec con il modulo di presentazione di candidatura alla presidenza federale: invio delle ore 21.40 del 29 luglio. Il 6 agosto il segretario generale Fin pubblica l’elenco dei candidati ammessi: un solo candidato, cioè il presidente uscente Barelli, mentre la richiesta di Rampelli viene rispedita al mittente perché tra l’altro giunta oltre l’orario fissato, cioè le ore 12.
Da qui è partita la battaglia legale che coinvolge due autorevoli esponenti della maggioranza di Governo, il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati e il vice-presidente della Camera dei Deputati nonchè iscritto a Fratelli d’Italia.
A questo punto, vengono naturali alcune considerazioni fattuali. Primo: lo Statuto della Federnuoto all’articolo 15 prescrive che le candidature vadano presentate entro 40 giorni dall’assemblea elettiva; non fissa un orario e, da che mondo è mondo, il termine ultimo si intende per le 23.59 e 59 secondi dell’ultimo giorno utile e non di un altro orario (nel caso specifico, le ore 12). Secondo: lo Statuto prescrive inoltre che le candidature vadano indirizzate alla segreteria generale e non ad altro indirizzo. Dunque la candidatura di Rampelli avviene entro il quarantesimo giorno anteriore all’assemblea elettiva e risultata presentata alla segreteria federale, rispettando così in pieno l’articolo 15 dello Statuto. Per la Federnuoto di Barelli invece non è così. Come è possibile? Forse perché le truppe cammellate che sostengono e accerchiano il presidente uscente hanno fatto prevalere semplici atti federali allo Statuto? Un modus – anche secondo i legali di Rampelli – non possibile e non lecito. Perché questi atti federali sarebbero nulli, nulli perché adottati in difetto di attribuzione: soltanto l’assemblea federale (lo si sta registrando anche nel calcio, tanto per restare al caso più eclatante che coinvolge Gravina e l’opposizione della serie A) può modificare lo Statuto e gli atti in questione (ore 12 e non 23.59, indirizzo pec che non è quello della segreteria) non sono stati adottati dall’assemblea. Atti nulli, per la difesa.
Che va all’attacco. Sarebbero solo appigli, e in fin dei conti cavilli, per evitare candidature avverse a Barelli, aprendogli così la strada a una facilissima rielezione. Perché Barelli deve sì conquistare (come lui gli altri presidenti federali uscenti oltre il terzo mandato di fila) il 66,7% dei consensi: è naturalmente il favorito ma lo sarebbe ancora di più senza un candidato (o più candidati) capaci di strappargli voti e in grado di presentare un programma alternativo. La questione però è ancora più delicata e complessa: perché l’estromissione di Rampelli dalle candidature ne pregiudicherebbe il ricorso (vale anche per altre federazioni sportive che si trovassero in analoga, imbarazzante, situazione) davanti alla Corte Costituzionale, davanti alla quale denunciare l’assurdità di un emendamento (quello dell’estate 2023, quello che fu definito anche il “decreto salva-Barelli) grazie al quale è stato sostanzialmente “aggirato” il limite dei tre mandati di fila per i presidenti federali. Il dettato dell’Alta Corte era stato concepito in realtà per dare una possibilità agli organi territoriali e non per quelli centrali. Il divieto (alle candidature oltre il terzo mandato) era stato concepito “a tutela anche degli interessi delle federazioni, la cui efficienza e la cui imparzialità potrebbero essere compromesse dalla formazione di un gruppo di potere interno all’organo direttivo, che ne metta a rischio la stessa autonomia”. A rileggere (bene) il parere della Corte Costituzionale, poi, era (sarebbe) per “favorire il ricambio e limitare rendite di posizione”. Tutto finito in carta straccia, a distanza di un anno, a dispetto dei principi erogati dalla Corte, a dispetto delle norme e dello stile. Nel nuoto italiano, ad esempio, è guerra selvaggia e fratricida. Domani il giudizio della Corte federale d’appello della Fin, poi nel caso la palla passerà al Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni e inevitabilmente continuerà ad attraversare i già velenosi corridoi del Transatlantico di Montecitorio e camera su vista a palazzo Chigi.