Come un effetto domino, il caso D’Onofrio: ha cambiato l’associazione italiana arbitri più di quanto forse volessero il procuratore federale Giuseppe Chinè e la Figc di Gabriele Gravina. Giorni (e notti) di lunghi coltelli e di perniciosi veleni. Tagliano a fette l’Aia, avvelenano il mondo arbitrale, inquinano rapporti e alleanze, ribaltano maggioranze, dividono e spaccano fino a marcare distanze tra arbitri e arbitri, accendono gli animi, fanno riaffiorare mai sopiti disagi. È una mischia indistinta nella quale i vertici Aia, la Can e la base arbitrale continuano a rotolare. Sin quasi nel precipizio. Sin quasi al rischio di commissariamento, ad appena quaranta giorni dalle nuove elezioni che hanno prodotto un nuovo presidente (Pacifici al posto di Trentalange), un nuovo vice (Zaroli per Baglioni) e un nuovo comitato Aia che in fondo pare(va) la continuazione di quello uscente. Pareva, perché l’ultimo scontro – consumatosi sulla reintroduzione del limite di età e su quello di appartenenza nei quadri Can – ha plasticamente dimostrato come la “continuità” sia rimasta soltanto su carta, che tra la vecchia e la nuova governance (praticamente la stessa) si sia invece infilato un virus letale, che la frattura sia evidente, pronta a generare un altro terremoto. A pochi giorni dalla fine del campionato di serie A, a pochi giorni dalla graduatoria arbitrale, a pochi giorni dalla definizione dei nuovi quadri Can, compreso anche il designatore Gianluca Rocchi.
Lo scontro (l’antefatto). Ad un passo dalle dimissioni, appena un passo indietro tutti per non finire tutti insieme nel burrone: è così che lunedì s’è conclusa la riunione del Comitato allargato dell’Aia che avrebbe dovuto votare e soprattutto approvare le modifiche regolamentari decise nella riunione del 18 maggio, cerchiate in rosso e già trascritte nel nuovo regolamento, solo da ufficializzare e pubblicare. La più importante e significativa modifica, il vero oggetto di scontro? La reintroduzione del limite di età (45 anni) per gli arbitri Can e il limite temporale di appartenenza ai quadri Can (10 anni) con le eccezioni legate alla graduatoria, stesso concetto per gli assistenti. La questione (l’articolo-anticipazione è di domenica, leggi qui), per i tempi e per i modi, aveva provocato la piccata reazione di Antonio Aureliano, presidente della sezione Aia di Bologna e papà del 43enne arbitro Gianluca Aureliano, che aveva scritto una lettera e la reazione di alcuni (4) dei 9 componenti il Comitato Nazionale, pronti a far valere le proprie ragioni nella riunione che lunedì avrebbe dovuto ratificare le modifiche.
Lo scontro (nella riunione). Come era facilmente prevedibile, le modifiche e il voto non sono arrivati, ventiquattro ore dopo. Non era prevedibile però che lo scontro arrivasse sino all’evidente rottura. Evitato solo il ludibrio, perché il presidente Carlo Pacifici, al termine di un confronto animato, ha deciso di sospendere la votazione, di congelare le modifiche, di accogliere una mozione rinviando la discussione, di porre la questione all’attenzione del “forum dei presidenti di sezione”, di riparlarne insomma tra quindici giorni, quando cioè il campionato di serie A sarà finito. Chissà cosa accadrà. Intanto le distanze nel Comitato restano, e affilate assai: Pacifici, Zaroli, Zappi, Archinà e Affinito da una parte, dall’altra invece Senesi, Marconi, Mazzaferro e Camiciottoli. La vecchia-nuova governance che pare distanziarsi, i primi cinque come se non fossero più l’espressione della governance Trentalange-Baglioni. Il risultato per ora resta di 5-4, al voto sarebbero forse passate le riforme (votavano anche i 9 ufficiali di gara e i rappresentanti dei presidenti di sezione per ogni comitato regionale) ma a un costo altissimo: le dimissioni di alcuni componenti e il rischio serissimo di finire commissariati, in attesa di nuove elezioni, appena 40 giorni dopo quelle andate in scena da remoto. Perché la mischia adesso coinvolge altri, e altro. E la posta è altissima. E a questa posta guarda con interesse il presidente federale Gravina che dopo aver commissariato la giustizia domestica avrebbe voluto ben altro (unico) candidato e presidente Aia.
Il ruolo di Rocchi, Can a rischio. Nella mischia adesso non c’è solo la riforma la cui approvazione è stata rimandata e demandata per la discussione della base entro quindici giorni in un tavolo del cosiddetto “Forum dei Presidenti”, ma anche la permanenza stessa di Rocchi come designatore alla Can: secondo alcuni, anche per i fatti recenti del caso De Meo (leggi qui, qui, qui) e per la gestione tecnica dovrebbe essere messa quantomeno in discussione. Rocchi è il designatore che però Gravina avrebbe gradito come candidato e presidente Aia al posto di Trentalange, la mediazione arrivata su Pacifici solo per evitare altro stallo e nuove tensioni. Stallo e tensioni latenti, che sono comunque riesplose, che marcano le distanze tra l’ex presidente Aia col suo ex vice e l’attuale responsabile della Commissione arbitri nazionale. Si sussurra persino del possibile sostituto di Rocchi: il profilo pare rispondere a quello del barese Domenico Celi, da gennaio responsabile della Commissione osservatori nazionali al posto del dimissionario Luigi Stella. Ma la possibile sostituzione resta nel limbo, considerata altro furioso motivo di scontro. L’ultimo, velenoso, vissuto appena 48 ore fa.
La minaccia-dimissioni di Senesi, il valzer delle telefonate, la mediazione. Come già descritto (leggi qui) nelle travagliate ore del fine settimana le reciproche posizioni si erano assai irrigidite e, oltre ad Aureliano con l’Emilia, anche Toscana, Umbria (in parte), Marche e Piemonte (in parte) erano pronte a scendere sul piede di guerra, sostenute dai loro componenti nazionali di riferimento territoriale (Marconi, Senesi e Camiciottoli) e, si sussurra, da Trentalange e Baglioni, sfavorevoli alla “linea Rocchi”. Alla vigilia del voto, a interpretare il ruolo di pontiere era stato Zappi: il rappresentante del Veneto aveva aperto a possibile modifiche del testo da approvare, in particolare sul numero del posizionamento della graduatoria a partire dal quale si sarebbe potuti essere dismessi a partire dal decimo anno di appartenenza (da 35 a 45 per gli assistenti) e cercando un accordo per garantire una protezione biennale per le dismissioni automatiche, per evitare l’avvicendamento a seguito di una sola stagione storta. Niente da fare, però. La minoranza del Comitato sarebbe rimasta sulle proprie posizioni. Iniziava così un giro di telefonate dirette alla base dei presidenti, provando a organizzare una linea d’azione e dissenso dei loro rappresentanti e dei delegati (ufficiali di gara) ma l’iniziativa sarebbe rimasta minoritaria. Dall’altra parte dello schieramento, il vicepresidente Zaroli (l’attuale vero dominus dell’Aia) iniziava anche lui una conta sul territorio: l’esito favorevole per la maggioranza abbastanza chiaro ma non sufficiente però a risolvere una chiara frattura politica che avrebbe drammaticamente e plasticamente riproposto nuovi scenari di commissariamento. Perché Katia Senesi faceva piombare sul tavolo del presidente Pacifici la minaccia di dimissioni, gli altri tre dissidenti pronti a valutare le nuove mosse. Davanti a questo quadro foriero di nuovi guai, il romano Pacifici decideva allora di congelare la situazione, rinviandola a fine campionato e dopo una discussione con la base.
Le modifiche, la (nuova) proposta, lo scenario. La proposta di modifica che avrebbe reintrodotto alcuni parametri modificati dall’ultima gestione Nicchi e poi cancellati da quella di Trentalange sostanzialmente contenuti nell’articolo 19, quello sugli avvicendamenti degli arbitri effettivi della Can: aver compiuto 45 anni entro il termine della stagione sportiva, salvo che si siano posizionati tra i primi quindici nella graduatoria finale di merito; aver raggiunto il limite di dieci anni di appartenenza nello steso organico, salvo che si siano posizionati tra i venticinque nella graduatoria finale. Basterebbe dunque rientrare in uno di questi due casi per andar fuori dai quadri della Can (il criterio vale anche per gli assistenti, limite d’età che è sempre di 45 anni con l’eccezione dei primi 20 in graduatoria mentre per quello dei dieci anni di appartenenza l’eccezione è che siano nei primi 35 in graduatoria, modifiche anche per gli arbitri alla vmo), liberando così posti senza dover ricorrere alle odiose, e spesso causa di contenziosi, graduatorie di merito. La reintroduzione del limite d’età e di appartenenza avrebbe effetti dirompenti anche dal punto di vista economico. Nelle ultime ore pare però sia affiorata una sorta di mediazione: reintrodurre il limite di età (45 anni) ma non più anche quello dei 10 anni d’appartenenza alla Can. Basterà a ricomporre la frattura? Sullo sfondo intanto restano giorni delicati, precari. Il Comitato nazionale deve procedere alla nomina di alcuni presidenti di Comitati regionali: è certo il cambio in Campania, a rischio le attuali presidenze in Puglia, Sicilia, Emilia. Poi, stilata la graduatoria di rendimento degli arbitri, ci saranno da ratificare dismissioni, promozioni e presentare il nuovo quadro arbitrale della Can. Poi ci saranno da nominare i nuovi responsaboli e componenti delle commissioni nazionali (qui si tratterà di capire se Rocchi resta a capo della Can), i nuovi componenti dei Cra e il responsabile e i componenti del settore tecnico. Insomma, un’altra estate calda.