Più potente del virus, più devastante dell’epidemia. Sganciata sui tamponi un anno fa, la bomba “Lotito” continua a scoppiare, a mietere vittime, primo tra tutti il diritto, non solo quello sportivo. Adesso minaccia di far decapitare teste, di far saltare poltrone importanti. Lanciata dalla Figc nella metà campo del presidente della Lazio nell’autunno scorso, dopo 365 giorni la bomba è infatti tornata nella metà campo federale. Il detonatore è ancora acceso. La miccia è lunga, il cerino rischia di restare in mano a chi l’ha accesa. La bomba è di nuovo lì, pronta a deflagrare. Rilanciata dalle motivazioni dei giudici del Collegio di Garanzia del Coni che – smontando punto su punto (cinque su sei) – i capi dell’accusa e della sentenza (reformatio in peius di quella assunta dal Tribunale federale) emessa dalla prima sezione della Corte d’Appello Federale, hanno invece evidenziato carenze (inesistenze in alcuni casi) normative, infondatezze di prove, confusione, omissioni di pareri di esperti, intrecci e interessi. Conflitti di potere e d’interesse. È una bomba che rischia di produrre effetti devastanti, indesiderati.
Ha innanzitutto ridato maggior vigore all’idea che il “caso tamponi” sia stato usato nei confronti della Lazio ma soprattutto del presidente Claudio Lotito anche e soprattutto per buttar fuori dal Palazzo lo scomodo patron biancoceleste, consigliere federale inviso e d’intralcio, sempre più nel mirino del presidente Figc Gravina e del presidente di Lega A Dal Pino che hanno davanti un elenco di scadenze e impegni da onorare (i fondi in Lega A, la riforma dei campionati e aiuti di Stato su tutti). Ha ridato fiato al pensiero che la giustizia sportiva sia spesso usata come clava, che come il bastone e la carota premi o penalizzi, indipendentemente dalle ragioni di diritto, dalle regole, dallo Statuto, dalle Noif. Da tutto.
“Per farlo fuori non potevano puntare sulla motivazione del terzo mandato perché anche Gravina è al suo terzo mandato. Allora hanno provato a buttarlo fuori per la storia dei tamponi, però questa storia rischia di buttare fuori chi l’ha costruita”: la voce circola sempre più insistente persino in via Allegri, nella sede Figc, lì dove Giancarlo Viglione – il “garante” del presunto patto poi tradito con Sibilia, il braccio destro di Gravina, il consigliere giuridico, l’avvocato che ha presieduto la commissione che ha riscritto il codice di giustizia sportiva, l’attuale coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia federale – da tanti viene chiamato presidentino. Sfidando e sfiorando persino un potenziale conflitto d’interessi (art. 49 comma 4 del codice di Giustizia sportiva: le parti possono farsi assistere da persona di loro fiducia. Le persone che ricoprono cariche federali o svolgono incarichi federali e gli arbitri effettivi non possono assistere le parti nei procedimenti che si svolgono innanzi agli organi di giustizia sportiva”) ha curato proprio lui la parte resistente e cioè la Figc (nel ruolo assistito dall’avvocato Noemi Tsuno, domiciliata da anni presso il suo studio in Roma, in Lungotevere dei Mellini 17) su mandato del presidente federale nel giudizio davanti al Collegio di Garanzia del Coni. Giudizio che ha reso in brandelli quello della Corte federale d’Appello, che ha rimandato la palla avvelenata nella metà campo della giustizia federale smontando (quasi) tutto il castello di accuse: il ricorso del professore emerito della Corte Costituzionale Romano Vaccarella accolto in cinque punti su sei. La difesa vincente sull’attacco.
E così il rinvio alla Corte federale “per la nuova valutazione della misura della sanzione” s’è trasformato in un’altra bomba a orologeria. Mentre le lancette continuano a scorrere – il nuovo giudizio si terrà il 19 ottobre – impazza il toto-nomine sulla composizione del nuovo collegio federale che dovrà giudicare Lotito valutando le presunte violazioni ma anche e soprattutto il giudizio, i rilievi e le indicazioni del Collegio del Coni presieduto da Franco Frattini. L’art 12 bis comma 3 del Coni stabilisce che a giudicarlo debba essere “un collegio con una composizione diversa rispetto alla precedente”. Dunque non potrà essere Torsello che trattò la vicenda il 30 aprile scorso, appena sette giorni dopo la nomina a presidente della Prima sezione della Corte Federale d’Appello, vice-presidente Francesco Cardarelli. Le prime nomine in un valzer (vedi qui) frenetico. Non si conosce ancora la composizione del nuovo collegio però spirano voci insistenti, non solo in via Allegri ma persino in largo De Bosis: e se fosse proprio il professore di diritto sportivo all’Università Foro Italico di Roma a presiedere il nuovo giudizio? La domanda gira, come una trottola. Come una palla. E la palla sta tutta dentro una definizione: rivalutazione della misura della sanzione. Che può essere d’inibizione e/o pecuniaria. Il punto vero però sta tutto nell’inibizione: i 7 mesi del tribunale federale consentivano a Lotito di mantenere la carica di consigliere federale, i 12 mesi inflitti dalla Corte d’Appello federale no, ne avrebbero comportato la decadenza. Nel computo e per strada (nell’attesa del giudizio Coni) è stato poi depennato un mese e mezzo d’inibizione preso nel 2011 (è scaduto a metà settembre), restano invece due mesi del 2012: la rimodulazione della sanzione che arriverà tra quindici giorni deciderà quindi il destino di Lotito. Fino a dieci mesi meno un giorno, sarebbe salvo. Un giorno in più, e dovrebbe lasciare la carica. Il Collegio del Coni ha però circostanziato la revisione di un solo punto dei sei capi di imputazione, de plano i 12 mesi inflitti in primavera sarebbero un’enormità. Infondati, inapplicabili, non commisurati: così li ha intanto ritenuti il Collegio del Coni. C’è persino chi ritiene che i sette comminati dal tribunale federale (ormai quasi del tutto scontati) sarebbero eccessivi. Tutto può succedere. È solo questione di numeri? O di merito?
«La Figc ora dovrà ascoltarci, vedremo cosa tireranno fuori questi scienziati Figc per uscire dall’imbarazzo», ha tuonato il professore Vaccarella domenica dalle colonne de “Il Messaggero”. E così mentre il difensore di Lotito va all’attacco, la Figc studia le contromosse. Cerca un appiglio cui aggrapparsi. Rischia un tonfo clamoroso, una figuraccia: non ci fosse da qualche mese la partnership con Malagò, il Coni avrebbe potuto persino invocare un commissario in via Allegri. Poco allegri sono i volti dei federali, assai tirati, a partire da quelli del presidente: Gravina è preoccupato, pare quasi stretto dalle mosse e dalla morsa di Viglione. “Chissà cosa pensa, chissà se sia in grado di liberarsene. Come, poi”: venti e veleno soffiano nel Palazzo. L’avvocato lucano (in questi giorni descritto come molto impegnato nella ricerca di un candidato per la Lnd Basilicata e interessato agli sviluppi del trust Salernitana) magari pensava di aver trovato la strada giusta per chiudere definitivamente il capitolo Lotito, invece pare sia arrivato davanti a un vicolo senza uscite. Nervosismo e irritazione, e poi la carica di segretario generale congelata, rimandata, bloccata. Il rischio di finire sommerso da un mare di carte, il rischio di bruciarsi dentro un falò di inciampi, valutazioni, omissioni. Irritazione e nervosismo anche in via Allegri, dopo il tragicomico siparietto del 30 settembre in consiglio federale («tu sei inibito, non puoi partecipare» aveva tuonato Gravina, «situazione kafkiana, chiederò un risarcimento» aveva replicato Lotito, «il presidente federale sbaglia e non è la prima volta, questa è roba da matita blu in materia di procedura, all’Università si è bocciati se non si sa questa regoletta», ha così commentato il professore Vaccarella) mentre s’annuncia un altro passaggio a Milano, dove giovedì (7 ottobre) è prevista un’assemblea (si discuterà di questioni patrimoniali e dunque come già successo in precedenza anche in virtù di un parere legale Lotito può partecipare) di Lega: è così che la bomba “Lotito” ha innescato un’altra miccia. Una nuova guerra. Anzi, ha dato il via a un’altra crociata.
«La giustizia sportiva è da cambiare, non si può andare avanti in questo modo. Serve un chiarimento su ruoli e competenze. Abbiamo due gradi di giudizio interno, un terzo di garanzia che però non è di garanzia ma di merito, e due giudizi ordinari. Insomma, cinque gradi per arrivare alla decisione finale e spesso non si finisce qui. Mi auguro che qualcuno intervenga». Così Gabriele Gravina il 30 settembre, al termine dell’ultimo consiglio federale. Così dopo aver messo alla porta il “deferito” o “inibito” Lotito, così dopo il giudizio del Collegio del Coni che aveva incenerito il castello di accuse mosse al presidente della Lazio. L’allusione al “giudizio di garanzia che non è di garanzia ma di merito” aveva e ha un destinatario. Cioè l’ex ministro Franco Frattini, il presidente del Collegio di Garanzia del Coni: tra qualche settimana terminerà il regime di proroga e s’andrà al rinnovo cariche. Quell’invito “qualcuno intervenga” lanciato da Gravina e destinato a Malagò, a chi altrimenti: è la Giunta Coni a proporre al consiglio nazionale, sentita l’autorità vigilante (cioè il titolare della delega allo Sport nel Governo) il nuovo presidente attraverso una procedura di selezione tra candidati. Impazza già il toto-nomine, mentre il sottosegretario Valentina Vezzali si tiene distante in attesa della stoccata vincente e mentre Malagò registra non senza imbarazzi l’uscita di Gravina, comunque un colpo pesante diretto a un’istituzione come quella del Coni che aveva accolto il presidente del pallone a braccia aperte. Tre anni fa un altro affondo tagliente. Guarda caso, prima delle elezioni Figc. A portarlo fu proprio Viglione, sempre destinatario il Coni. «La proroga di Fabbricini basata sul nulla”.
«La giustizia sportiva è da cambiare», dice adesso Gravina. Lo diceva pure nel 2019, pochi mesi dopo esser stato eletto al soglio. «Basta zone d’ombra, entro fine mese l’avvocato Viglione mi dovrà consegnare il testo del nuovo Codice di Giustizia sportiva»: così nel corso del seminario “Le regole del gioco del calcio e le garanzie del loro rispetto”, organizzato dall’Università degli Studi Roma Foro Italico. Proprio l’Università dove è titolare di cattedra l’attuale vice-presidente della Prima Sezione della Corte d’Appello federale: Francesco Cardarelli in quell’occasione tenne anche una lezione. In quel salone c’era pure Giancarlo Viglione, nominato da Gravina coordinatore della Commissione di riforma del codice di giustizia sportiva. Approvato, dopo due anni quel codice non va bene. Non va più bene. Bisogna cambiarlo: l’ha detto Gravina ma magari prima avrebbe potuto chiederne conto e il conto proprio a Viglione. In fondo è lui ad aver coordinato il lavoro di riscrittura del testo. O magari chissà, forse quell’affondo parte da un suggerimento proprio di Viglione che sul campo sperimenta spesso corti circuiti, ambiguità e tempi lunghi nei quali s’imbatte la giustizia sportiva italiana, tanto per restare alle parole usate in questi ultimi burrascosi giorni dal presidente federale. In fondo Giancarlo Viglione adesso è il coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia sportiva federale. Per lavoro ogni giorno quindi è presumibile che ascolti, parli, che discuta con il procuratore capo Giuseppe Chinè, con i procuratori federali, con i giudici del tribunale federale e di corte d’appello. In fondo la “bomba Lotito” ha riacceso i riflettori della ribalta sul ruolo e l’ascesa a “presidentino” di Giancarlo Viglione.
Avvocato, amministrativista, una carriera partita al fianco del salernitano Alfonso Pecoraro Scanio al Ministero delle Politiche Agricole e poi a quello dell’Ambiente, il calcio questo sconosciuto fino all’amicizia con Cosimo Sibilia. Fino a diventare il braccio destro dell’attuale presidente Lnd, rivale tre anni fa (come a febbraio) di Gravina nella corsa al seggio di presidente federale, le voci mai confermate ma nemmeno smentite di un “patto segreto” firmato e garantito da Giancarlo Abete per l’alternanza tra i due (vedi qui) e si narra custodito in cassaforte nello studio di Lungotevere dei Mellini 17, carta mai saltata fuori come invece l’evidente passaggio di campo: dal braccio destro di Sibilia a quello di Gravina. Che gli avrebbe subito riconosciuto un ruolo importante in via Allegri, nei mesi e negli anni laboriosamente e incessantemente cesellato. Al centro del pallone (che passerelle agli Europei di Wembley), a difesa del pallone azzurro e della giustizia sportiva dopo aver ricoperto per anni ruoli nell’APAT, nel 2007 presidente dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’Ambiente. Lì dove ha ricoperto incarichi Noemi Tsuno, avvocato con domicilio in via Lungotevere dei Mellini 17, lì dove ha lo studio Viglione. Nel 2007 nominata tra le altre cose vice-capo ufficio legislativo dell’Apat dal commissario straordinario e da anni assistente di Giancarlo Viglione nella cause di giustizia sportiva.
Compare il suo nome ad esempio nella parte resistente udita dai giudici del Collegio di Garanzia del Coni nel giudizio sulle responsabilità di Lotito nel caso tamponi. Così come compare in tanti altri giudizi, a mo’ di esempio nella delega conferitagli da Viglione nel giudizio su Michele Ardito (decisione 68/2021 Collegio Garanzia Coni) e nel ricorso del Fano (numero 65) contro la Figc in persona del presidente Gravina rappresentata e difesa dagli avvocati Viglione e Tsuno. Ma ce ne sono tanti, tanti altri. Una serie d’incarichi e mandati, d’incroci che a volte portano a inevitabili comparse nello stesso giudizio. Come quello ad esempio che nel 2019 vide contrapposte Figc e Torino nel giudizio su una squalifica all’allenatore Walter Mazzarri difeso dall’avvocato Eduardo Chiacchio. Le ragioni della federazione affidate a Giancarlo Viglione, relatore nell’udienza del 15 ottobre 2019 Francesco Cardarelli, professore dal lunghissimo e prestigioso curriculum vitae, tra le righe si legge anche l’incarico di consigliere giuridico del Ministero dell’Ambiente dal 1997 al 2002. Un mondo, quello dei ministeri, che Viglione ha abbandonato da anni. E specie negli ultimi due, il suo lavoro in Federazione ha alimentato una serie di domande capziose, d’interrogativi irrisolti. Ha ingrossato le fila di una matassa difficile adesso da sciogliere. Viglione opera in Figc con un contratto? Le parcelle per le cause in cui rappresenta la federazione gli sono corrisposte a parte? Qualche nemico insinua che sia persino “monofornitore Figc”, qualcun altro s’è spinto sino a ipotizzare persino un’interrogazione parlamentare, stoppata però sul nascere anche perché priva di accesso agli atti, e infine c’è chi sottolinea come nei giudizi si ritrovi da legale davanti a un collegio composto da giudici di cui è coordinatore delle segreterie.
«Tutte le condotte di Lotito ci sono e sono rimaste senza risposta. Come possiamo dire che il presidente Lotito non abbia influito nelle attività? C’è stata influenza: il calcio e la Figc, che non è strabica, sono ripartiti grazie ai protocolli, mentre qui è evidente che le regole non sono state rispettate». Così Viglione nel corso dell’udienza al Coni. La parte resistente, verrebbe da dire soccombente nel ricorso avanzato da Lotito e dalla Lazio nei confronti della Procura Figc che chiedeva l’annullamento della decisione della Corte federale d’Appello Figc numero 103/CFA del 7 maggio che respingeva il reclamo proposto per la riforma della decisione emessa dal Tribunale federale numero 132TFN/SD il 26marzo/6 aprile. Soccombente, visto il risultato. Parte sferzata e smontata dalle memorie difensive del professore Vaccarella. Nelle sedici pagine una serie di affondi, qualcuno da evidenziare. Come questo, a proposito della presunta violazione dell’art.44 delle Noif, cioè sulla circostanza che “sarebbe necessaria una delega, scritta ed espressa, ai medici sociali per essere esonerato da responsabilità per l’attività loro delegata”. Scrive nel ricorso, Vaccarella. “A supporto di tale conclusione la Corte d’appello cita una sentenza della Corte di Cassazione con la quale, avendo ufficiali di P.G. della Capitaneria di Porto di Savona…accertato, presso il mercato ittico dello stand 4, la presenza di due tonni rossi di misura e peso inferiori a quanto previsto dalla normativa comunitaria, ha respinto il ricorso del titolare dello stand che chiedeva di essere prosciolto assumendo di aver demandato agli autisti, incaricati del trasporto (i quali svolgevano quindi altre mansioni e non avevano alcuna competenza specifica) di eseguire il controllo del peso e del pescato: sic!”. Pretendendo così di affermare la responsabilità, nel caso di specie, della società Lazio e dunque necessariamente del vertice aziendale”.
Per restare ai tonni, una mattanza delle tesi dell’accusa si ritrova nelle motivazioni assunte dal Collegio di Garanzia del Coni a Sezioni Unite, relatore Attilio Zimatore. Sui protocolli, sulle responsabilità, sulle omissioni. Sei i punti del ricorso. E per resistere al ricorso – scrive il Collegio – la Figc si è costituita in giudizio con memoria del 14 giugno 2021 eccependone inammissibilità e infondatezza. “Invero, sulla posizione del ricorrente Lotito e sui motivi da questi proposti, la resistente Figc in questa memoria di costituzione non ha aggiunto alcuna specifica deduzione o eccezione”. Presentate con una successiva, il 2 luglio 2021, richiamandosi a “protocolli emanati dalle rispettive federazioni e dal Cts”. Ma è nelle considerazioni di diritto, punto su punto, che conviene porre l’attenzione.
Primo punto, “l’eccezione d’inammissibilità del ricorso che – secondo la resistente Figc – avrebbe già consumato il suo potere d’impugnazione avendola già impugnata congiuntamente a quella dei dottori Pulcini e Rodia”. Scrive il Collegio: “Eccezione della Figc è infondata”. Poi, affrontando capo per capo, i sei dell’accusa che avevano portato al giudizio della Corte d’Appello. 1) Violazione del principio nullum crimen sine lege e immodificabilità della contestazione. “Si può concludere per l’infondatezza del primo motivo di ricorso”. È questo l’unico capo d’accusa accolto. Anche se anche qui, scrive il Collegio, “dalle disposizioni richiamate dalla CFA non si possa desumere un obbligo di segnalazione dei casi di positività a carico del presidente della società, tenuto conto della struttura organizzativa della stessa”. È questo l’unico punto rimasto in vita, per il Collegio del Coni. L’unico sul quale la Corte Federale deve (dovrebbe) rivalutare la misura della sanzione. Gli altri cinque capi d’accusa, smontati. 2) Violazione art. 44 Noif. “Ai sensi dell’articolo non occorre alcuna specifica delega – né scritta né orale – da parte del legale rappresentante della società per l’attribuzione al medico sociale della tutela della salute dei tesserati”. E, avvalorando il sospetto che il giudizio della Corte D’Appello avesse avuto natura “punitiva”, ecco che i giudici tornano sul giudizio del Tribunale federale che “richiamando il protocollo relativo alla ripresa dell’attività giovanile e dilettantistica, prescriveva espressamente che fosse in capo al medico sociale l’obbligo di comunicazione all’Asl in caso di positività accertate”. Dunque, “come ha osservato il Tribunale, se tale obbligo nelle società dilettantistiche è in capo al medico sociale, a maggiore ragione lo si deve ritenere nelle società professionistiche. Tra l’altro la CFA non ha neppure considerato il vasto modello organizzativo adottato in materia sanitaria dalla Lazio”. 3) e 4) Culpa in eligendo e culpa in vigilando. “Su entrambi i punti la decisione della Corte federale merita di essere annullata. È la scelta del preponente e non l’eventuale errore del preposto, a fondare la responsabilità del primo: secondo questa tesi non si risponde se la scelta è corretta (ad esempio, affidamento dell’incarico a uno stimato professionista che tuttavia eventualmente commette un errore o una negligenza) mentre risponde solo se l’incarico viene affidato a soggetti palesemente privi delle competenze tecniche. Nel caso in questione la Lazio si è affidata a medici sportivi qualificati. Quindi nessuna culpa in eligendo – individuazione dei medici sociali – può essere ascritta alla Lazio e a Lotito….. Si esclude poi la ravvisabilità di una culpa in vigilando in relazione alla mancata prescrizione della quarantena o in relazione alla comunicazione all’Asl dei nominativi dei contatti stretti ma può assumere rilevanza una negligenza nell’aver consentito a un giocatore risultato positivo di accedere nei locali della società e di scendere in campo. Vanno quindi accolti i ricorsi al terzo e quarto punto”.
Il quinto, poi. L’omesso esame dei pareri medici prodotti dai professori Pregliasco (direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano) Bondanini (direttore Laboratorio al Sant’Eugenio) e Rossi (sovraintendente sanitario centrale Inail e docente alla Sapienza). “Il Collegio non intende sindacare i fatti o valutare la concludenza dei pareri medici, ma deve censurare il mancato esame da parte dei giudici della Corte federale d’appello di documenti astrattamente idonei a condurre una diversa valutazione di merito in ordine alle responsabilità del dottor Lotito. La natura e la novità essenzialmente tecnica delle questioni oggetto di questo giudizio – in particolare la questione sull’affidabilità e contraddittorietà dei test eseguiti su Immobile – imponevano però alla CFA di prendere puntualmente in esame i pareri. È censurabile poi la decisione impugnata laddove arbitrariamente equipara il patteggiamento precedente, in altra vicenda, da Lotito a una accettazione della costruzione accusatoria”. 6) Violazione dei principi sulla gradualità della pena. “…Si riafferma la necessità di una rinnovata valutazione della misura della sanzione, tenendo conto dei profili delle responsabilità ritenuti insussistenti da parte di questo Collegio (non necessarietà di delega espressa e specifica, non ravvisabilità di culpa in eligendo e in vigliando) e della ritenuta necessità di prendere in considerazione i pareri dei tre esperti. Per questo il ricorso merita di essere accolto relativamente ai motivi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto”. E così che la “bomba Lotito” è tornata nella metà campo della Figc. Il 19 ottobre – Lotito e gli avvocati studiano nuove mosse mentre in via Allegri si esamina la strategia e si affilano le armi – ci sarà un nuovo giudizio. Si arriverà finalmente a quello definitivo e universale?